Emergenza imprese, in Abruzzo oltre 3mila sono in crisi economica

10 Dicembre 2025

In sofferenza il 2,6% delle ditte: sono già finite nella lista nera della Centrale Rischi. Con la segnalazione scatta la stretta del credito bancario

L’AQUILA. Imprese e piccoli lavoratori autonomi che non riescono a far quadrare i conti. A giugno scorso erano 3.206 le aziende abruzzesi in sofferenza economica, rilevate da una recente indagine della Cgia di Mestre: 22 in meno rispetto all’anno precedente (3.228), ma con una percentuale consistente se confrontata con il totale delle aziende che operano sul territorio: il 2,6% delle piccole e medie imprese, delle società a conduzione familiare e delle partite Iva finiti nella black list della Centrale dei Rischi. Una lista nera che segnala le aziende economicamente inadempienti e che, difficilmente, possono beneficiare degli aiuti economici dal sistema bancario. Rischiando, molto più degli altri, di chiudere i battenti o, peggio, di finire nella rete degli usurai. La provincia più a rischio, in Abruzzo, è Pescara, con 929 imprese in difficoltà, lo 0,8% del totale. Seguono Chieti con 860 (0,7%) – una delle province in Italia dove la percentuale di usura è cresciuta di più – e Teramo con 852 imprese (0,7%). Ultima, L’Aquila con 560 (0,5%). L’insolvenza riguarda, soprattutto, le piccolissime imprese. Dopo la contrazione registrata nel periodo del Covid, da due anni le aziende con sofferenze bancarie sono tornate ad aumentare, con un picco nel Mezzogiorno, dove se ne contano 42.032, con un incremento percentuale rispetto l’anno prima del 6,3%.

CATTIVI PAGATORI

La platea abruzzese dei cattivi pagatori è costituita, in massima parte, da piccole e piccolissime imprese, lavoratori autonomi, artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori che sono scivolati nell’area dell’insolvenza e, di conseguenza, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Per legge, questa classificazione impedisce agli operatori economici segnalati di accedere a un nuovo prestito. «Se vogliono ottenere nuovo credito non hanno alternative», spiega la Cgia di Mestre, «devono ricorrere a forme diverse rispetto al sistema bancario. Con tutti i rischi e i pericoli che ciò comporta». Nonostante l’aumento del numero di aziende insolventi, si registra una diminuzione delle denunce per usura: un fenomeno che, tuttavia, non può essere valutato esclusivamente sulla base delle segnalazioni ricevute dalle forze dell’ordine. «Gli usurai, infatti, operano all’interno di reti criminali organizzate che esercitano un forte condizionamento psicologico sulle vittime, attraverso intimidazioni preventive, quali danneggiamenti ai beni o, in casi più gravi, violenze fisiche e minacce rivolte anche ai familiari», dice la relazione della Cgia, «inoltre, molti imprenditori provano imbarazzo nell’ammettere di trovarsi in tale situazione, e questo” rappresenta un ostacolo significativo alla richiesta di aiuto».

STRETTA CREDITIZIA

Dal 2011ad oggi sono crollati i prestiti bancari alle imprese. A fronte dei 1.017 miliardi di euro erogati verso la fine del 2011, siamo scesi a poco più di 711 miliardi a febbraio 2020. In 12 anni, rispetto al picco massimo erogato nel 2011, le imprese hanno perso 350 miliardi di prestiti bancari, pari al meno 34,4%. «Non è da escludere che la chiusura dei rubinetti del credito praticata dal sistema bancario», fa notare la Cgia di Mestre, «abbia contribuito a spingere imprenditori a corto di liquidità verso le organizzazioni criminali che, mai come nei momenti difficili, hanno la necessità di reinvestire i denari provenienti dalle attività illegali». Recenti statistiche del ministero dell’Interno collocano l’Abruzzo tra le regioni “sotto osservazione” per l’usura, soprattutto a causa della difficoltà di accesso al credito per le piccole imprese: Chieti si classifica al terzo posto in Italia per aumento di denunce che riguardano questo reato, preceduta solo da Crotone e Caserta, rispettivamente al primo e secondo posto, e seguita da Napoli, al quarto.

ESCLUSE LE PMI

C’è un altro dato da rilevare. Se il credito bancario alle imprese italiane, negli ultimi mesi, ha fatto registrare una timida ripresa, come certifica lo studio della Cgia basato su dati della Banca d’Italia, che segnala un incremento di 5,5 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2025, pari a un più 0,9% sul totale nazionale, dietro il dato aggregato si nasconde una realtà frammentata: le piccole imprese e gli artigiani continuano a soffrire. «La crescita riguarda esclusivamente le attività con più di 20 addetti. A pesare», secondo la Cgia, «è il progressivo disimpegno delle banche dai territori, frutto delle aggregazioni bancarie e della riduzione dei margini operativi». In Abruzzo, il dato regionale è frutto di una media che nasconde forti disparità territoriali. Paradossalmente Chieti, che registra la performance peggiore per rischio usura, è l’unica provincia con un andamento nettamente positivo sui prestiti alle imprese (più 5,8% nell'ultimo anno), mentre Pescara si ferma a un modesto più 0,2%. Teramo fa segnare un dato negativo (meno 0,4%), come L’Aquila (meno 0,2%): entrambe continuano a perdere terreno, soprattutto nel segmento delle piccole imprese.