Pescara, pochi giudici per i grandi processi

I magistrati lanciano l'allarme. Ma Canzio assicura: in arrivo rinforzi da altri tribunali

L'AQUILA. La giustizia targata Pescara che incrimina e arresta, che decapita giunte regionali e azzera amministrazioni comunali, che mette sotto processo cariche istituzionali anche di vertice, si ritrova impreparata proprio al momento di tirare le somme, mutilata delle risorse umane necessarie per presentare all'opinione pubblica il verdetto di anni di inchieste sulla presunta corruzione nella pubblica amministrazione.

Cercansi giudici per i grandi processi. Con urgenza. E senza soluzioni tampone che ingolfino una macchina della giustizia già rallentata da gravi carenze di organico nel personale amministrativo e di cancelleria. L'allarme partito ieri alla cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario, per bocca del rappresentante dell'Anm Camillo Romandini, e prima ancora dal presidente dell'Ordine degli avvocati dell'Aquila Antonello Carbonara, fa deflagrare un malessere malcelato negli ultimi tempi: occorrono magistrati da applicare nei tribunali collegiali per celebrare i dibattimenti a carico di Cantagallo (al via il 22 febbraio), di Del Turco (dal 15 aprile), di D'Alfonso (a fine primavera se rinviato a giudizio), e di altri big della politica e dell'imprenditoria.

E' trascorso un anno da quando il presidente della Corte d'appello Giovanni Canzio, dallo stesso palco, lanciò un invito a velocizzare le udienze preliminari sui casi di corruzione nella pubblica amministrazione. Udienze la cui durata in Abruzzo è «superiore persino a quella del dibattimento», ha bacchettato ieri mattina il procuratore generale Giuseppe Falcone, e alle quali invece a Pescara il presidente del tribunale Giuseppe Antonio Cassano e i vari gup sono riusciti a imprimere un ritmo incalzante. Ma dopo 12 mesi tutti d'un fiato, la giustizia pescarese si ritrova ora a rincorrere se stessa, a caccia di magistrati per i processi. Una beffa. Che pone il tribunale di Pescara a un bivio: far affidamento sulle insufficienti forze a disposizione nel settore penale, con la certezza di far sbandare la macchina giudiziaria? O attendere rinforzi da altri tribunali? Oppure attingere da un settore civile superimpegnato a smaltire pesanti carichi arretrati, soluzione sgradita agli avvocati pescaresi, che hanno già proclamato lo stato di agitazione?

Ieri, il caso Pescara ha fatto ufficialmente il suo ingresso nell'aula della scuola della guardia di finanza. A sorpresa, lo ha sollevato per primo Carbonara. Ma poi lo ha rilanciato il giudice civile, ex penale, Romandini, la cui ventilata applicazione al penale insieme al collega Gianluca Falco ha smosso i civilisti pescaresi, preoccupati che i ruoli assegnati ai due magistrati restino congelati sine die in attesa che i grandi processi approdino al traguardo. Risultato: progetto naufragato. «Stiamo vivendo una situazione difficile», non si è nascosto Romandini, «bisogna reperire magistrati per i grandi processi e si rischia di creare disfunzioni nel settore civile. Bisogna investire in mezzi e risorse, non si possono fare le nozze con i fichi secchi e poi lamentarsi delle multe che commina l'Europa per i tempi troppo lunghi dei processi».

I legali pescaresi hanno richiesto lo spostamento di giudici da altre sedi abruzzesi. Questione scottante assai nelle mani di Canzio, che però garantisce di avere ricevuto «puntuali assicurazioni dal presidente», Cassano, «circa i moduli organizzativi apprestati e da apprestare anche con l'ausilio di questa presidenza e con il contributo di altri uffici del distretto». E, forse perché fiducioso in una risoluzione del problema, auspica «nel 2011 una trattazione in dibattimento in tempi ragionevoli, evitando la discontinuità delle udienze», visto che le imputazioni riguardano «persone investite di cariche pubbliche».

© RIPRODUZIONE RISERVATA