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15 marzo

Oggi, ma nel 1989, a Iglesias, in provincia di Carbonia-Iglesias, futura Sud Sardegna, tre esponenti dell'anonima sequestri sarda, che rimarranno ignoti, rapivano Franco Cugia, nel suo ambulatorio medico (nella foto, nel particolare della notizia, pubblicata in prima pagina dal quotidiano "L'Unione sarda" del 16 marzo 1989) di Nebida, frazione mineraria a 12 chilometri dal centro di Iglesias.

Cugia, originario di Cagliari, di 63 anni, ufficiale sanitario alle dipendenze della Usl di Iglesias con funzione di medico condotto di Nebida, consulente anche della Sim, società mineraria dell'Eni, era molto apprezzato in ambito locale e noto anche come il dottore dei minatori, per via del contesto in cui si trovava ad operare fin dall'avvio della sua carriera. Quando era stato preso, dopo essere stato minacciato con una pistola e colpito alla testa col calcio di quella, si trovava insieme all'infermiere Italo Campus e al paziente Giuseppe Dessì. Campus veniva legato col fil di ferro ad una sedia dello studio mentre Dessì veniva caricato insieme al dottore sull'auto dei fuorilegge, che era ferma davanti alla porta del presidio sanitario, ma verrà lasciato andare poco dopo e sarà proprio lui a dare l'allarme. Cugia verrà liberato, il 20 aprile successivo, nella Barbagia di Seui, dopo lo scontro a fuoco tra i carabinieri del comando di Lanusei e i banditi che lo tenevano incatenato in una capanna di frasche sul monte Montarbu.

Nell'ennesimo capitolo dei rapimenti a scopo di estorsione della Sardegna i sequestratori riusciranno a fuggire tra i monti dell'Ogliastra e a far perdere le tracce. Ma rimarranno anche senza aver incassato nulla perché, in 35 giorni di detenzione, non verrà chiesto alcun riscatto alla famiglia del medico, residente a Capoterra, in località Poggio dei pini, sempre in quel di Cagliari, né risulterà versata alcuna somma. Durante la prigionia i sequestratori avevano consentito all'ostaggio, che non era stato picchiato, ma solo spostato ogni notte da un rifugio all'altro, di leggere i giornali. Così il dottor Cugia aveva potuto seguire attentamente tutta la fase delle ricerche e la solidarietà espressa dalla comunità locale, non solo degli assistiti, nei suoi confronti.