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20 dicembre

Oggi, ma nel 1988, a Roma, al Policlinico Agostino Gemelli, moriva d'infarto causato dall'ultimo stadio dell'anoressia, Zaira Pochetti, studentessa della facoltà di Scienze politiche dell'università romana la Sapienza, di 21 anni, originaria di Passoscuro, frazione di Fiumicino, in provincia di Roma, donna del latitante Giuseppe Mastini, conosciuto come "Johnny lo zingaro" (nella foto mentre veniva tradotto in carcere), classe 1960.

Al momento del decesso la ragazza era in stato di arresto - prima in cella a Rebibbia, poi nel centro di igiene mentale di Fiumicino, poi ancora in quello di San Filippo dell'Urbe, quindi ai domiciliari per problemi di catatonia e in ultimo trasferita in ospedale -, dal 23 marzo 1987, proprio per la complicità criminale con Mastini, accusato di una serie di reati, che spaziavano dall'omicidio (del tramviere Vittorio Bigi, commesso il 28 dicembre 1975, e dell'agente di polizia Michele Giraldi, freddato proprio il 23 marzo '87) al sequestro di persona passando per la rapina, che nel 1989 gli faranno meritare l'ergastolo. Per la Pochetti, invece, il processo si chiuderà con il non luogo a procedere proprio perché già sotto terra.

Mastini, analfabeta, figlio di giostrai di etnia sinti arrivati nella capitale da Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo, quando lui aveva 10 anni, era un personaggio della malavita capitolina molto presente nella cronaca nera del tempo, anche per un certo fascino macabro suscitato dal suo aspetto, e farà parlare di sé fino all'evasione dal penitenziario di Fossano, in quel di Cuneo, del 30 giugno 2017. Verrà riacciuffato, il 25 luglio successivo, a Taverne d'Arbia, in provincia di Siena.