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26 ottobre

Oggi, ma nel 1954, a Salerno, si contavano i danni, pari a 45 miliardi di lire, dell'alluvione iniziata il giorno precedente, 25 ottobre, a causa delle precipitazioni eccezionali. Ondata di maltempo che costava la vita a 318 persone. Senza considerare i 250 feriti e i 5.500 sfollati rimasti senza tetto. Il comprensorio interessato dal nubifragio, con picchi fino a 500 millimetri di pioggia torrenziale in meno di 24 ore, abbracciava, oltre al capoluogo di provincia (nella foto, particolare di piazza Flavio Gioia, il 26 ottobre '54) anche Cava de' Tirreni, Vietri sul mare, Maiori, Minori, Tramonti, tutti centri del salernitano, in Campania, nella costiera amalfitana.

In realtà l'epicentro era stato a Cava de’ Tirreni e non a Salerno - anche se quella del 25-26 ottobre 1954 passerà alla storia come alluvione di Salerno - con lo straripamento dei fiumi Bonea e Cavaiola, che avevano trascinato detriti come mai prima.

A Salerno le zone più colpite erano i rioni di Canalone, Annunziata, Oliviero e Calata San Vito. C'erano state frane, si erano aperte voragini, i ponti erano crollati, strade e viadotti ferroviari erano stati distrutti in più punti nevralgici tagliando le comunicazioni, gli alberi erano stati abbattuti, le abitazioni erano state tirate via, gli scantinati erano completamente allagati.

L'abitato di Molina, frazione di Vietri sul mare, era stato spazzato via dal fiume Bonea in piena ed era venuto giù il vecchio acquedotto detto ponte del diavolo. La cittadina della ceramica si troverà ad avere la spiaggia ben più vasta poiché implementata dai detriti portati a valle dai Monti Lattari, catena dell'Antiappennino campano, dalla furia dell'acqua. Quello spicchio del Belpaese era già stato duramente colpito dall'alluvione di Benevento, del 2 ottobre 1949, con l'esondazione del fiume Calore e la distruzione del ponte Vanvitelli. Ma da allora, opere di drenaggio e canalizzazione delle acque, che si sarebbero potute rivelare salvifiche per persone e cose, erano state pianificate, annunciate, parzialmente finanziate, ma mai realizzate. E ovviamente la calamità naturale si era accanita maggiormente sui quartieri più poveri e sovraffollati.

"E’ forse qui (nella bellezza naturale di questa costa) l’origine della tragedia. Gente che vive 360 su 365 giorni dell’anno in un simile scenario non è invogliata a prevedere disastri; e, quando il disastro arriva, ne è colta fatalmente alla sprovvista", scriverà sul quotidiano "Corriere della Sera", del giorno dopo, il giornalista Indro Montanelli. La storica sede degli ospedali riuniti San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno si riempiva di feriti a tal punto da rivelarsi incapace di accogliere tutti i bisognosi di cure e in quella circostanza verrà avanzata l'ipotesi di creare un nuovo nosocomio, che sarà il San Leonardo, situato nell'omonima località, ma che verrà inaugurato solo in chiusura d'anno 1980.

Il 26 ottobre 1954 la reazione delle istituzioni cittadine si avvertiva lenta perché Salerno era priva, del Consiglio comunale, sciolto l'anno precedente e il commissario prefettizio Lorenzo Salazar, risiedeva a Napoli. Per di più in Prefettura vi era stato il cambio della guardia il 24 ottobre, con l'insediamento del prefetto Umberto Mondio che però ancora non era del tutto operativo. Il presidente della Repubblica Luigi Einaudi sarà in visita ufficiale nei luoghi della tragedia il 29 ottobre successivo.

Nel frattempo vigili del fuoco e militari dell'esercito erano stati aiutati, fin dal 25 ottobre, da 6mila volontari di quella che diverrà la protezione civile e soprattutto erano stati coadiuvati dalla gente del posto, disperata, che scavava persino con le mani: alla ricerca dei parenti superstiti e dei pochi averi dispersi.