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28 febbraio

Oggi, ma nel 1916, a Valona, venivano stabilite le attribuzioni del comandante del corpo speciale italiano in Albania, il generale Settimio Piacentini, di Tarano, in provincia di Rieti, classe 1859, che assumeva la guida di tutte le forze di terra e l’alta direzione di tutti i servizi attivi nel territorio rientrante sotto la propria giurisdizione. Contestualmente il capo della spedizione militare tricolore nel Paese delle aquile (nella foto, particolare) aveva anche sotto la sua propria responsabilità le forze di mare sbarcate per operare con obiettivi territoriali comuni.

Dal punto di vista della catena gerarchica Piacentini dipendeva direttamente dal capo di Stato maggiore dell’esercito, Luigi Cadorna, in quel ruolo dal 10 luglio 1914 e vi rimarrà fino all’8 novembre 1917, quando sarà sostituito da Armando Diaz, dopo la rotta di Caporetto.

La campagna italiana in Albania, che veniva avviata in quel frangente e che si concluderà nel 1918, traeva origine dal fatto che la realtà politica albanese fosse fragile. Caratterizzata dal debole governo del primo ministro Essad Pascià Toptani, in carica dal 5 ottobre 1914 al 24 febbraio di quel 1916, quale alleato del regno di Serbia, insidiato dai gruppi armati fomentati dall’impero asburgico e fiaccato dalle pressanti rivendicazioni territoriali d’Italia e di Grecia. Non a caso, dopo la presa militare avvenuta nel contesto del primo conflitto mondiale, il 23 giugno 1917, sempre nella capitale albanese, verrà instaurato il protettorato italiano. Quest’ultimo resisterà anche oltre il termine della grande guerra, fino al 2 agosto 1920.

L’intervento delle forze militari italiche era cominciato, il 30 ottobre 1914, con l’invio della missione sanitaria, e il 29 dicembre di quell’anno, c’era stato lo sbarco a Valona del piccolo contingente d’occupazione, formato dal X reggimento bersaglieri più la struttura di supporto.