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6 luglio

Oggi, ma nel 1849, a Roma, nell'ospizio di Trinità dei pellegrini, moriva a 21 anni Goffredo Mameli dei Mannelli, aiutante di campo di Giuseppe Garibaldi, per setticemia, quale conseguenze dell'infezione della ferita che aveva rimediato alla gamba sinistra durante la difesa della seconda repubblica romana, il 3 giugno precedente, nell'occasione dell'ultimo assalto a Villa Corsini, in via della Lungara, che era occupata dalle truppe francesi, del generale Nicolas Oudinot, accorse in soccorso del pontefice Pio IX per restaurare il potere temporale della Chiesa. Sarebbe stato colpito, erroneamente, da fuoco amico: da una fucilata di un ignoto dei 600 bersaglieri della legione agli ordini del colonnello Luciano Manara.

La palla di piombo, che verrà fatta credere essere uscita da un fucile francese, era penetrata perforando l'osso ed era uscita al di sopra del perone. Il trasporto nell'ospedale e i tentativi di salvargli la vita messi in atto da parte del medico Pietro Maestri, con la supervisione del luminare Agostino Bertani, a cominciare dal 19 giugno, erano stati vani. Era infatti subentrata la cancrena dell'arto e l'amputazione, eseguita dal dottore Paolo Maria Baroni, non era bastata. Il malato era stato assistito dalla sua donna, la patriota veneziana Adele Baroffio, e da Cristina di Belgioioso, alla quale l'ideologo risorgimentale Giuseppe Mazzini aveva affidato la direzione della rete strutture sanitarie approntate alla meglio nell'Urbe. Quando ormai non restava più alcuna speranza di salvezza gli era stato iniettato nel ventre dell'arsenico.

Dopo il decesso (nella foto, particolare della litografia del napoletano Gennaro Amato, con Mameli sul letto di morte intento ad accettare il brevetto di capitano di Stato maggiore che aveva rifiutato all'inizio della guerra. Nell'incisione, del XIX secolo, conservata nella raccolta delle immagini dell'Archiginnasio di Bologna, verrà per errore riportata come amputata la gamba destra invece della sinistra) verrà scoperto che l'infiammazione purulenta era stata determinata da un turacciolo, che era stato utilizzato per chiudere il flusso di sangue dopo l'operazione, era inavvertitamente lasciato dai medici nella ferita. Mameli, di Genova, classe 1827, era figlio del contrammiraglio della Marina del regno di Sardegna Giorgio, originario di Lanusei, in provincia di Nuoro, che era in carica come deputato della seconda legislatura del parlamento sardo di Torino, a partire dall'1 febbraio 1849. Goffredo Mameli nella sua attività di poeta-patriota verrà considerato tra le figure più illustri del Risorgimento italiano.

Verrà ricordato soprattutto per aver scritto le parole del Canto degli italiani, che era stato pubblicato su fogli tipografici sciolti nel 1847 ed era stato scritto, l'8 settembre dello stesso anno, in occasione di un primo moto di Genova per le riforme e la guardia civica, stando alla testimonianza resa da Giosuè Carducci. Il testo del componimento, di chiara connotazione repubblicana e giacobina, quali erano le idee politiche di Mameli, era stato ispirato dalla Marsigliese francese, dall'Inno alla libertà greco, dalla Mazurka di Dąbrowski polacca. Poi era stato musicato dal compositore e patriota genovese Michele Novaro, il 10 novembre 1847, mentre era nel capoluogo sabaudo, in casa del patriota Lorenzo Valerio. Il Canto aveva debuttato, nella prima esecuzione ufficiale, eseguita da parte della filarmonica sestrese, banda municipale di Sestri Ponente, il 10 dicembre 1847, nella città della Lanterna, sul piazzale del santuario di Nostra signora di Loreto del quartiere di Oregina, in occasione della commemorazione della rivolta del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici nella guerra di successione austriaca. Il 12 ottobre 1946 il Canto di Mameli verrà adottato come inno nazionale provvisorio della Repubblica tricolore. Diverrà definitivo per effetto della legge numero 181 del 4 dicembre 2017.