Bidella morta strangolata in casa I figli: «Mai si sarebbe suicidata»

12 Ottobre 2024

In aula le testimonianze dei cinque ragazzi di Annamaria D’Eliseo, trovata uccisa a 60 anni nel garage «Papà era un padre padrone ma mamma non lo ha mai denunciato perché teneva alla famiglia unita»

LANCIANO. «Mamma aveva più motivi per vivere che per morire. Vogliamo che sia fatta chiarezza, capire cosa è accaduto quel giorno»: a parlare sono i 5 figli di Aldo Rodolfo Di Nunzio, 72 anni, nell’udienza più delicata del processo in Corte d'assise in cui l’uomo è accusato dell’omicidio della moglie Annamaria D’Eliseo, 60enne collaboratrice scolastica, trovata senza vita il 15 luglio 2022 nella cantina-garage della sua casa. Per l’accusa, in aula il procuratore Mirvana Di Serio che si è avvalsa delle indagini dei carabinieri di Lanciano, sarebbe stato lui, l’ex vigile del fuoco, a strangolare la donna con dei fili elettrici, inscenando poi un suicidio; per la difesa con gli avvocati Alberto Paone e Nicola Del Fuoco, invece, Di Nunzio è innocente, fu lui a dare l’allarme e a dire che la moglie che si era tolta la vita impiccandosi, di averla posta a terra nel tentativo di salvarla.
E ieri in udienza dinanzi alla corte - presidente Giovanni Nappi, a latere Maria Rosaria Boncompagni e i giudici popolari - i 5 figli della coppia: Loana, Josephine, Alnadona, Giuseppe e Nunzio, parti civili patrocinati dall’avvocato Elisabetta Merlino (altra parte civile l’associazione Dafne con l’avvocato Pina De Benedetti) hanno dato la loro sofferta testimonianza, col padre di fronte. E dalle parole, a volte piene di rabbia, cariche di emozione, tra sospiri e lacrime a stento trattenute, hanno descritto Di Nunzio come un «padre-padrone»: un uomo violento a livello verbale ma che usava anche le mani su di loro e la mamma, dolce e remissiva, che subiva senza mai denunciare «perché ci teneva che la famiglia restasse unita e non fosse derisa». Un uomo che allo stesso tempo non ha fatto mai mancare nulla ai figli e permesso loro di studiare. Un carattere irascibile di Di Nunzio che sarebbe peggiorato con le elezioni del 2021 quando si candidò con la lista del sindaco Filippo Paolini. «Non dormiva, era sempre più nervoso, litigava con tutti». E si sfogava con la moglie, alla quale ripeteva pure di fare i test del Dna perché i figli non erano suoi. Annamaria che lavorava a scuola, faticava sui campi, curava gli animali, la casa e i figli; la sua ragione di vita. L’apice della violenza il 2 ottobre 2021 quando Di Nunzio prende un bastone e colpisce in testa Annamaria, litiga e strattona le figlie intervenute in difesa della mamma, le caccia di casa con le rispettive famiglie. Anche Annamaria due mesi va a vivere da una figlia. Poi però torna a casa: «L’ha minacciata che metteva un'altra donna in casa vanificando tutti i sacrifici di una vita», dicono i ragazzi che a dicembre scrissero anche una lettera al medico di famiglia per avere un aiuto visto che al padre, il 17 novembre 2021, il Centro d’igiene mentale (Cim) diagnostica un disturbo bipolare con schizofrenia.
Anche Annamaria va dal Cim e da uno psicologo per curare gli stati d’ansia provocati dalle liti continue col marito e poi dalla scoperta di un tumore alla tiroide a gennaio. «Mamma ha fatto visite e cure perché voleva vivere, non ha mai fatto atti autolesivi». Anche se ad un figlio ha detto in un momento di sconforto: «Non ho il coraggio, sennò mi impiccherei». «Era un grido di dolore per quanto stava vivendo e le liti aumentate col matrimonio dell’ultima figlia che non aveva invitato il padre», spiega l’avvocato Merlino alla quale Annamaria aveva consegnato una lettera a febbraio: era il suo testamento.
Infine le domande su quel 15 luglio e il racconto di una mattina trascorsa tra messaggi whatsApp per le bomboniere, l’organizzazione del ritorno di un nipotino e del figlio; poi la telefonata del padre che ha stravolto le loro vite con la morte della madre e l’accusa: «È colpa vostra».