Chieti, il Csm sceglie Testa, nuovo procuratore a 45 anni

Ok del ministro Orlando, l’11 gennaio il via libera dal Plenum. Laboriosità e acume investigativo le caratteristiche del giovane magistrato che proviene dalla Rappresentanza italiana all'Onu

ROMA. Il Consiglio superiore della magistratura ha scelto: sarà Francesco Testa il prossimo capo della Procura di Chieti. La nomina approderà in plenum a Palazzo dei Marescialli alla ripresa, dopo la pausa natalizia, presumibilmente l’11 gennaio. La pratica era stata portata all’attenzione del Consiglio già nella seduta del 21 dicembre, ma è mancata, in quell’occasione, l’unanimità richiesta per esaminare gli atti arrivati all’ultimo istante attraverso le procedure d’urgenza.

Ma chi è Francesco Testa? E soprattutto perché si è deciso di puntare su questo giovane magistrato per l’ufficio di Chieti che ha una pianta organica costituita oltre che dal Procuratore da quattro sostituti e sette viceprocuratori onorari? Magistrato di IV valutazione di professionalità, Testa, 45 anni, è attualmente fuori ruolo con l’incarico di esperto giuridico presso la Rappresentanza dell’Italia all’Onu. Per la Commissione nomine del Csm (che ha votato la sua candidatura con cinque voti a favore e un astenuto) si è distinto per competenza e professionalità nel ruolo che attualmente ricopre. Così come nei mesi passati al ministero della giustizia tra il 2012 e il 2013. Ma soprattutto, in precedenza, per “l’eccellente esercizio delle funzioni requirenti di primo grado” quando prestava servizio a Catania. Dove ha condotto alcune delle indagini più rilevanti nella lotta alla mafia, che hanno portato a centinaia di provvedimenti cautelari ed a notevoli sequestri di patrimoni mafiosi.

Con questo curriculum ha letteralmente sbaragliato la concorrenza degli altri 16 aspiranti all’incarico. Tutti, tranne uno, con un’anzianità di servizio maggiore della sua. E soprattutto ha prevalso sugli altri magistrati che pure ambivano al ruolo di procuratore essendo già in forze a Chieti o in analoghi uffici abruzzesi. Eppure la prevalenza del curriculum di Testa è risultata schiacciante. Tanto che solo sul suo nominativo è stato chiesto il concerto del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Che lo ha accordato lo scorso 20 dicembre.

Ma quali esperienze hanno impreziosito il suo percorso professionale? Testa è stato alla Procura di Catania per 14 anni, 8 dei quali anche con assegnazione alla Direzione distrettuale antimafia (Dda): “Sin da subito ha curato indagini e processi per reati di criminalità organizzata” hanno sottolineato al Csm. Evidenziando diverse rogatorie internazionali sul traffico di droga e per l’estradizione e la cattura di latitanti con la Colombia, il Belgio, la Spagna, il Brasile, la Germania, la Bulgaria, l’Albania, Malta, Francia, Grecia e Venezuela. E i processi e le indagini sulle principali cosche etnee, tra tutte il clan Santapaola.

Delegato quale magistrato referente per il Centro Intercettazioni della Procura di Catania, è stato designato anche nel Nucleo di valutazione preventiva dei procedimenti penali in materia di appalti di grandi opere pubbliche. Insomma a Catania - scrivono al Csm - ha potuto mostrare la sua capacità “naturale” di dirigere in maniera efficiente l’ufficio. Ottime competenze organizzative e eccellenti competenze informatiche confermate anche durante il suo incarico alla Rappresentanza d’Italia presso l’Onu. E prima tra il 2012 e il 2013 quale addetto al Gabinetto del Ministero della Giustizia: qui è stato chiamato a collaborare alla stesura di provvedimenti normativi o di alta amministrazione tra i quali la Carta dei diritti e doveri dei detenuti, in materia di spese per le intercettazioni, di legge Pinto, di istituzione della banca dati del Direzione nazionale antimafia.

«La valutazione complessiva, dunque, si fonda anche sulla versatilità dimostrata con l’ottimale esercizio della pluralità di incarichi e funzioni, che hanno arricchito fortemente il suo bagaglio di conoscenze giurisdizionali, delineando un profilo di elevatissima completezza giuridica e professionale», ha scritto la V commissione di Palazzo dei Marescialli che ne ha evidenziato la «laboriosità». E «l’acume investigativo, la capacità di gestire situazioni complesse e di coordinare l’attività di indagine in procedimenti di elevatissima difficoltà ed infine per la peculiare attitudine dimostrata nel campo dell’informatica giudiziaria applicata al lavoro requirente».