Chieti, oltre 26mila con pistole e fucili. La polizia: «Mettevi in regola» 

Per i detentori c’è l’obbligo di presentare il certificato medico: controlli a tappeto in tutta la provincia. Crescono le richieste per le licenze a uso sportivo, ma è un modo per essere armati dentro casa

CHIETI. Sono 26.354 le persone che hanno un’arma in casa in provincia di Chieti. È la questura a lanciare l’allarme: «Ci sono diffuse situazioni di irregolarità». Dallo scorso settembre sono scaduti i termini fissati dalla nuova normativa per presentare il certificato medico obbligatorio, ma un numero consistente di possessori di pistole e fucili non ha rispettato i tempi. Ecco perché è scattato il giro di vite da parte della Divisione di polizia amministrativa. «Sbrigatevi e mettetevi in regola», è l’appello del primo dirigente Fabio Santone (nella foto), «stiamo facendo controlli a tappeto. Il certificato dovrà essere rinnovato ogni cinque anni e consegnato all’ufficio di pubblica sicurezza dove sono state denunciate le armi». Anche un altro dato è considerato rilevante: nell’ultimo anno, sono aumentate di circa il 20 per cento le richieste di licenza per uso sportivo. È chiaro che non si tratta di una passione per il tiro a volo scoppiata all’improvviso, ma di un escamotage per dotarsi comunque di una pistola, vista l’estrema difficoltà di ottenere dalla Prefettura il porto d’armi per difesa personale, che è riservato a coloro che svolgono lavori particolarmente rischiosi, come magistrati o gioiellieri. Il numero dei cacciatori, invece, è di 2.700: in Abruzzo solo L’Aquila ne ha di più.


OBBLIGO DEL CERTIFICATO. Riguarda tutti quei cittadini che, in assenza di licenze per uso sportivo, venatorio o difesa personale, «posseggono armi comuni da sparo»: devono dimostrare di essere in «condizioni psicofisiche idonee per averle a disposizione nel proprio domicilio». È il caso di chi, ad esempio, ha ereditato il fucile o il revolver di un parente morto. In passato, la legge non prevedeva alcuna necessità di attestare il proprio stato di salute. Nel 2015 è subentrato l’obbligo di presentare il certificato medico una tantum. Ma, nel 2018, si è definita la validità quinquennale del documento e sono stati concessi dodici mesi di tempo per adeguarsi, rivolgendosi non al medico di famiglia ma a quelli abilitati dalla Asl che operano in campo militare. L’anno di tolleranza è scaduto lo scorso 14 settembre. E adesso la polizia ha iniziato un lavoro certosino per scovare gli irregolari, rispolverando anche i fascicoli degli anni Cinquanta e Sessanta. Un’operazione porta a porta, insomma.
LE SANZIONI. I furbetti riceveranno una diffida per depositare la documentazione entro sessanta giorni. In caso di ulteriore inottemperanza, scatterà il ritiro cautelativo e sarà avviato il procedimento per il definitivo divieto di detenzione di armi. Se l’erede non è interessato a tenersi in casa una pistola o un fucile, può sbarazzarsene in due modi: con la cessione a un privato «in possesso di un titolo valido» o la rottamazione. Quest’ultima non comporta costi: polizia o carabinieri si faranno carico della custodia e della spedizione alla Direzione di artiglieria. In realtà, c’è anche una terza strada: «È la cosiddetta richiesta di disattivazione, che può essere fatta nel caso in cui l’arma ha un valore affettivo», spiega il primo dirigente Santone. «In questo caso, l’interessato incaricherà un’armeria a spedire pistole o fucili al Banco di prova di Gardone Val Trompia, dove verranno resi inoffensivi. Poi, potranno essere conservati al pari di un qualsiasi cimelio di famiglia. La spesa, in genere, si attesta su 350 euro per arma».
ARMI BIANCHE. L’obbligo del certificato medico è previsto anche per chi possiede pugnali, spade, katane e machete, ma è circoscritto al solo momento del rilascio del nulla osta all’acquisto e non deve essere innovato ogni 5 anni. Le cosiddette armi bianche possono essere trasportate, avvisando per tempo l’autorità di pubblica sicurezza, ma mai portate al seguito.