Dieta mediterranea, dieci anni nell’Unesco 

Chieti. Celebrata in prefettura la ricorrenza della dichiarazione di patrimonio immateriale dell’umanità

CHIETI. A 10 anni della dichiarazione della dieta mediterranea come patrimonio immateriale dell’umanità targato Unesco, il club teatino Unesco, presieduto da Cinzia Di Vincenzo, ha organizzato un convegno per celebrare il decennale. L’incontro si è svolto ieri in prefettura. Oltre alla presidentessa Di Vincenzo, hanno partecipato il prefetto Armando Forgione, il delegato dell’Accademia italiana della Cucina di Chieti Nicola D’Auria, il nutrizionista clinico Corrado Pierantoni, il docente di chimica degli alimento Leonardo Seghetti, la presidente Federazione italiana club e centri per l'Unesco Teresa Gualtieri, il vicepresidente dell’Organo esperti mondiali convenzione Unesco Pierluigi Petrillo e il vicepresidente dell’Accademia italiana della Cucina Mimmo D’Alessio. «Avremmo voluto organizzare l’appuntamento a novembre scorso, quando cadeva di preciso il decennale», dice Di Vincenzo, «ma eravamo in una situazione di emergenza dal punto di vista del Covid e così abbiamo rimandato. L’iniziativa ha anche lo scopo di ricordare che il tema più qualificante nel segnalare questa candidatura all’Unesco era quello della convivialità. E ora con questa iniziativa vogliamo lanciare proprio l’auspicio di poter tornare a quella convivialità che ci è tanto mancata». Come ha ricordato Petrillo, «la dieta mediterranea non è stata inserita nel patrimonio dell’umanità come semplice regime alimentare ma in base alle sue caratteristiche culturali di stile di vita: mangiare vuol dire anche ritrovarsi attorno a una tavola per stare assieme. Un concetto sconosciuto per alcuni popoli che infatti all’inizio hanno osteggiato la richiesta italiana, bocciata nel 2003 e poi accettata nel 2010, rompendo un tabù e con contestazioni da parte di Giappone e Paesi nordici che non riconoscevano la connessione tra cibo e patrimonio culturale». Ma la dieta mediterranea è ora a rischio, «a causa delle mode che insidiano la nostra cucina e quindi la nostra identità», ha sottolineato D’Alessio, «per non parlare del nutriscore, una scala cromatica che va dal verde al rosso scuro inventata dai francesi per identificare i nutrienti. In questo sistema 100 gr di Coca Cola sono più nutrienti di 100 gr di olio d’oliva: ma mentre si bevono anche più di 100 gr di Coca Cola in una volta non si condirà mai nulla con 100 gr di olio. La salvaguardia di un valore immateriale come la dieta mediterranea è anche salvaguardia della nostra economia». (a.i.)