Gabriele Di Giammarco, cardiochirurgo

CHIETI

Inchiesta Cardiochirurgia, ex primario Di Giammarco non risponde

Corruzione e omicidio colposo: al vaglio della difesa oltre 10mila pagine di atti d'accusa

CHIETI. Si è avvalso della facoltà di non rispondere il professor Gabriele Di Giammarco nell'interrogatorio di garanzia svoltosi per via telematica, causa emergenza Covid-19, con il giudice delle indagini preliminari (gip) del Tribunale di Chieti, Luca De Ninis. Il cardiochirurgo, assistito dagli avvocati Leo Brocchi e Augusto La Morgia, dal 27 ottobre scorso, è agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione, ma non solo, nell'ambito di un'inchiesta della procura di Chieti sugli acquisti di valvole, protesi cardiache e altro materiale destinato al reparto di cardiochirurgia dell'ospedale di Chieti, di cui Di Giammarco era il primario.

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Acquisti che, secondo l'accusa, per anni sono avvenuti in assenza di un bando pubblico, a prezzi fuori mercato, e dietro utilità corrisposte a Di Giammarco da due imprenditori che operano nella distribuzione di apparati medicali e di un dipendente di uno di questi, finiti a loro volta ai domiciliari. Utilità consistite, per l'ex primario, nell'arredo del proprio studio all'ospedale clinicizzato, per un valore di oltre 27mila euro, in un soggiorno a Cuba di tredici giorni, nel pagamento di alcune cene in ristoranti, nell'utilizzo gratuito di un posto barca al porto di Pescara, in un soggiorno a Lisbona di 4 giorni.

La scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere dipende dalla necessità di dover esaminare tutti gli atti dell'accusa, oltre diecimila pagine fra interrogatori, intercettazioni e altro materiale finito agli atti dell'inchiesta condotta dalla guardia di finanza di Chieti e coordinata dal pm Giancarlo Ciani.

Ha invece risposto al gip, sempre per via telematica, Tomaso Bottio, il cardiochirurgo dell'università di Padova che con Di Giammarco è accusato di omicidio colposo con l'aggravante della colpa cosciente per la morte di un uomo di 59 anni di Atri: sul paziente, morto alcuni giorni dopo l'operazione, nel giugno 2019, venne eseguito all'ospedale di Chieti un intervento di impianto di assistenza ventricolare sinistra di un Heart Mate 3. Bottio, assistito dagli avvocati Cesare Dal Maso e Riccardo Todesco di Vicenza, e che nell'inchiesta è stato raggiunto dal divieto di esercitare la professione di medico chirurgo per 12 mesi, nel corso dell'interrogatorio di due ore e mezza, ha respinto le accuse dicendo di avere svolto in quel caso il ruolo di proctor, cioè colui che verifica la funzionalità dell'apparecchiatura, ma di non aver né partecipato all'intervento chirurgico né avuto alcun tipo di rapporto con il paziente. I due legali hanno chiesto la revoca della misura: il gip si è riservato la decisione, il pm ha dato parere negativo.