Lanciano, Terna chiede 16 milioni alla mamma anti elettrodotto

Silvia Ferrante si oppone al pilone vicino alla sua casa: citata in giudizio 24 volte Dopo aver lottato tanto i Del Bello hanno visto i tecnici entrare nel loro terreno

LANCIANO. Silvia Ferrante è una mamma e un’attivista. Assieme al suo compagno lotta per non dover vivere, a soli 80 metri dalla sua casa a Paglieta, sotto l’ombra di un pilone ad altissima tensione che reggerà i cavi dell’elettrodotto Villanova-Gissi della società elettrica Terna. Non ha lottato solo per sè e la sua famiglia, ma ha sposato la rabbia e la protesta di decine di altri proprietari come lei attraverso picchetti, manifestazioni e assemblee pubbliche. Oggi Terna le chiede, distribuiti in 24 atti di citazione, uno distinto dall’altro, ben 16milioni di euro. Ventiquattro processi diversi, per 24 giudici e altrettante cause che si moltiplicheranno all’infinito tra rinvii, ricorsi ed eventuali testimonianze. Mercoledì Silvia racconterà la sua incredibile storia. «Nelle 24 citazioni», anticipa, «si chiedono da 630mila a 900mila euro, ma solo per le immissioni sui terreni in cui è previsto il passaggio aereo dei cavi. Tra queste mai nessuna citazione per le manifestazioni avvenute su terreni in cui dovrebbero sorgere i piloni».

L’ULTIMO PRESIDIO. Venerdì, intanto, si è verificata l’immissione in possesso su uno degli ultimi presidi della lotta contro l’elettrodotto Villanova-Gissi: il terreno della famiglia Del Bello. Il capofamiglia Aurelio è zuppo fino al midollo dopo aver passato un paio d’ore sotto la pioggia con i piedi piantati nel fango del suo terreno, in contrada Sant’Onofrio, per difenderlo dall’immissione di Terna che proprio lì deve far passare i cavi per l’elettrodotto ad altissima tensione che coinvolge 16 comuni. Lo aveva fatto anche lo scorso 8 luglio, ma quel giorno con lui c’erano decine di manifestanti e giornalisti a vivere ogni secondo di quella giornata di sudore e tafferugli che è poi finita nelle aule dei tribunali e addirittura nell’agenda dell'avvocato Giulia Bongiorno, assoldata da Terna. Ma venerdì Aurelio è solo. A causa del freddo e della pioggia, che non smette di allagare ogni cosa, con lui ci sono solo due attivisti e suo figlio. Attorno a loro tecnici Terna, carabinieri e dirigenti delle forze di polizia. «Non ce l’ho fatta», racconta alla moglie Franca che lo ha dovuto attendere a casa con il busto alla schiena per via dei postumi della caduta di quell’8 luglio, «sono entrati sul terreno». La rabbia esplode quasi subito, insieme alle lacrime. L’impotenza è palpabile. «Questa è l’Italia», dice loro un uomo in divisa restituendo l’ombrello e scrollando le spalle. Aurelio e Franca si sono sempre opposti alle immissioni in possesso di Terna. Hanno fatto esposti, denunce, ricorsi. Non vogliono subire i danni dell’inquinamento elettromagnetico e non vogliono andar via da quella casa costata decenni di sacrifici in Germania.

ABUSO EDILIZIO. L’ultimo appiglio era il procedimento di abuso edilizio a carico di Terna portato avanti dal Comune di Lanciano, i cui tecnici hanno rilevato anche altre prescrizioni. Ma carte e ricorsi non sono serviti. «Se siete convinti che stiamo facendo qualcosa di illegale denunciateci», hanno detto i tecnici di Terna. Le forze dell’ordine non hanno potuto far altro che assistere inermi all’immissione in possesso e cercare di evitare che i proprietari rispondessero alle provocazioni. «È stata una delle pagine più brutte consumate sul nostro territorio», commenta l’assessore all’ambiente Davide Caporale, «viene meno il diritto alla proprietà privata, estorto con la prepotenza». Ma Aurelio non si arrende: «Faremo denuncia per violazione della proprietà privata e», promette, «continuerò questa battaglia con più forza di prima».

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