«Morì per le mancate cure» A processo due cardiologi

“Patologia non inquadrata” a un paziente di Casoli che aveva avuto l’infarto L’uomo, trasportato al Renzetti, è deceduto un mese dopo al policlinico di Chieti

LANCIANO. Omicidio colposo in ospedale: sarà il processo, che si aprirà il 19 febbraio 2015, a stabilire se due cardiologi dell’ospedale Renzetti hanno avuto responsabilità nella morte di un 83enne di Casoli avvenuta 3 anni fa. Il giudice per le udienze preliminari, Marina Valente, ha infatti rinviato a giudizio Luigi Leonzio, direttore della cardiologia Utic dell’ospedale di Lanciano, e il collega Giuseppe Torge. Un caso di presunta malasanità che solo il processo, in cui le parti si confronteranno sulla base anche di perizie e consulenze, riuscirà a definire. Anche se nessun processo potrà mai colmare il dolore dei familiari per la perdita del proprio caro.

Per l’accusa, sostenuta in aula dal sostituto procuratore Ruggiero Dicuonzo, che seguì assieme alla Procura di Chieti le indagini sul caso, i due medici “per negligenza e imperizia a fronte di rischio di un infarto acuto formulato dal pronto soccorso di Casoli, dall’età avanzata del paziente, del rischio di un ulteriore infarto, avrebbero omesso di verificare la eventuale ricorrenza di una grave coronaropatia curabile con terapia invasiva, limitandosi a monitorare l’uomo, a prescrivere terapia farmacologica idonea solo a un lieve miglioramento non inquadrando correttamente la patologia. Patologia”, ha continuato l’accusa, “che poteva essere evidenziata con la coronografo. Avrebbero omesso di praticare, sulla scorta della patologia vascolare in corso, la terapia chirurgica ovvero di disporre il trasferimento in altro presidio munito di reparto di cardiologia invasiva diagnostica”.

«Dalle consulenze tecniche fatte dalla procura di Chieti, visto che l’uomo è morto nel presidio teatino, e da quella di Lanciano, è emersa la responsabilità dei medici che non avrebbero fatto gli accertamenti dovuti, gli esami clinici, laburistici strumentali che avrebbero rilevato la patologia e permesso all’uomo di sopravvivere», ha detto Raffaele Delle Fave, legale della famiglia dell’anziano che si è costituita parte civile e ha chiesto il risarcimento danni. L’uomo fu dimesso dal Renzetti senza questi accertamenti e morì in seguito a un nuovo infarto il mese successivo a Chieti. Cercheranno di dimostrare che non ci fu negligenza, durante il processo, i legali dei medici, Giovanni Del Pretaro di Chieti e Cristiana Valentini di Pescara.

Teresa Di Rocco

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