«Oggi si muore perché i mezzi sono pochi»

Il sindaco di Casoli lancia l'allarme. Nuovi casi di malasanità per i soccorsi in ritardo

LANCIANO. «Nel Sangro Aventino si comincia a morire per il mancato intervento dei soccorsi». È il sindaco di Casoli, Sergio De Luca, a lanciare il grido d'allarme per il moltiplicarsi dei casi di mancato intervento del 118 o di soccorsi prestati con notevole ritardo per il ridotto numero dei mezzi. A Casoli, qualche giorno fa, un uomo è morto ad un chilometro dall'ospedale Consalvi perché l'ambulanza è arrivata un'ora dopo dalla chiamata.

La sua abitazione dista meno di un chilometro dall'ospedale, eppure l'ambulanza del 118 non è arrivata in tempo. L'uomo, un centralinista non vedente del Consalvi, è deceduto. L'episodio è accaduto qualche giorno fa.

«Ha avuto un malore», racconta il sindaco (Pd), «l'ambulanza del Consalvi era fuori per un'altra chiamata e all'arrivo, dopo un'ora, di un'altra ambulanza del 118, il centralinista era già morto. Un caso purtroppo non isolato, di fronte al quale il sub commissario Giovanna Baraldi dovrebbe solo tacere e smettere di dire baggianate come quella non si verificano casi di malasanità. Ho decine di denunce», sottolinea De Luca, «di mancati interventi del 118 e di ricoveri negati negli ospedali frentani e vastesi».

C'è il caso, ad esempio, della donna che due giorni fa è caduta nella sua abitazione a Casoli, si è rotta il femore e il 118, chiamato di mattina, è arrivato solo nel tardo pomeriggio. O quello della donna di Lanciano, caduta a corso Roma, ad un chilometro dall'ospedale Renzetti e soccorsa dopo 40 minti da un'ambulanza della Croce Gialla proveniente da Atessa, che dista invece 20 chilometri.

E ancora, il caso del giocatore dell'Altino ferito mercoledì scorso durante la partita amatoriale contro il Fossacesia, che, dopo aver atteso per 47 minuti l'arrivo dell'ambulanza del 118, è stato portato al Pronto soccorso di Lanciano dai compagni di squadra.

«Nelle aree interne purtroppo è diventata una routine vedere arrivare l'ambulanza dopo ore dalla chiamata», aggiunge De Luca, «perché ci sono solo due unità del 118, una a Casoli e una Atessa, che devono coprire un territorio vasto e tortuoso. Sono diventati di routine anche i viaggi della speranza».

Il riferimento è ad una 95enne di Pizzoferrato che nei giorni scorsi è stata ricoverata per la rottura del bacino nell'ospedale di Sulmona, perché non aveva trovato posto negli ospedali chietini. Per i sindaci del Sangro Aventino si arriverà presto all'assurdo: il 118 non risponderà più a tutte le chiamate. Le ambulanze sono poche, le richieste di intervento si moltiplicano e le distanze da coprire raddoppiano.

Con la chiusura del pronto soccorso di Casoli, infatti, le ambulanze sono spesso costrette a trasportare i pazienti dell'entroterra a Lanciano, con la conseguenza che si allungano i tempi del servizio e di conseguenze i mezzi non possono essere disponibili per altri interventi. Ad esempio se prima un paziente di Torricella Peligna poteva essere soccorso a Casoli, a 17 chilometri di distanza, oggi deve arrivare a Lanciano che dista 41 chilometri.

L'ambulanza resta fuori il doppio del tempo. «I nodi stanno venendo al pettine», conclude Pino Valente, candidato sindaco della lista Progetto Lanciano, «i cittadini pagano le conseguenze dei tagli scellerati operati sulla sanità frentana. È necessario che si faccia chiarezza: bisogna spiegare ai cittadini cosa ne sarà dei servizi sanitari e dell'ospedale».

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