Sequestrati i beni dell'ex vice sindaco

Bolognese e un altro costruttore sono a processo per la costruzione di 4 villette abusive

VASTO. Il Tribunale di Vasto ha ordinato il sequestro dei beni del costruttore Giovanni Bolognese, 65 anni, ex vice sindaco, e del socio Francesco Penzi, 69 anni, di Maddaloni. Il provvedimento è scattato a scopo cautelativo nell'ambito del processo per truffa e falso a carico dei due imprenditori, finiti nei guai per la costruzione di 4 ville abusive nella zona residenziale di via Santa Lucia.

Nuova batosta giudiziaria per l'ex amministratore democristiano. I suoi beni sono stati sottoposti a sequestro per assicurare un equo risarcimento agli acquirenti di 4 villette, realizzate sette anni fa e poi vendute nella zona di via Santa Lucia. Il 5 ottobre 2009 il Tribunale ordinò l'abbattimento degli immobili per inosservanza dei vincoli morfologici. I fabbricati rimasero in piedi perchè il reato è caduto in prescrizione.

Gli acquirenti che avevano acquistato gli immobili, versando alla società Magnolia più di un milione e mezzo di euro, sentendosi truffati hanno deciso di querelare i costruttori. «I compratori non erano a conoscenza del fatto che i fabbricati fossero stati colpiti da ordine di demolizione e quindi sostanzialmente privi del reale valore commerciale», spiega l'avvocato Angela Pennetta, che insieme ai colleghi Luigi Moretta e Alessandra Almonti, difende gli interessi degli acquirenti.

Il processo per truffa e falso è iniziato un anno fa. Le quattro famiglie nel corso delle passate udienze si sono costituite parte civile. Gli avvocati Pennetta, Moretta e Almonti hanno invocato davanti al giudice un provvedimento che tutelasse i loro clienti: il sequestro cautelativo dei beni dei due imputati. Nel corso dell'ultima udienza il giudice Laura D'Arancangelo ha accolto la richiesta, disponendo il blocco delle proprietà di entrambi gli indagati. La vicenda iniziata nel 2004 si è così arricchita di un nuovo capitolo.

A invocare sette anni fa il sequestro del cantiere della Magnolia fu l'associazione ambientalista Italia nostra di Pescara. I denuncianti chiesero alla magistratura di bloccare i lavori temendo danni al costone orientale della città, un'area inserita nel Pai, il cosidetto piano di assetto idrogeologico redatto dalla Regione, come area a rischio.
Partì subito un indagine, ma intanto i lavori andarono avanti, le villette furono ultimate e vendute. «L'impresa non ha provocato danni a nessuno, nè al costone, nè ai compratori», sostiene la difesa dei due imputati. Intanto, però, fino a quando la vicenda non sarà conclusa i beni restano fermi. (p.c.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA