Sesso virtuale con una 13enne: condannato a 9 anni di carcere 

Un uomo di Vieste ha adescato la vittima su Whatsapp e Telegram fingendosi minorenne Inchiesta partita dalla denuncia dei genitori dopo le foto hard trovate sul telefono della figlia

CHIETI. È rimasto in piedi e non ha detto una sola parola dopo che il tribunale di Chieti lo ha condannato a 9 anni e 9 mesi di carcere per un rapporto sessuale «a distanza» estorto a una tredicenne con il plagio e il sotterfugio. Carlantonio Mafrolla, 41 anni di Vieste (Foggia), lavori saltuari come bracciante agricolo e cameriere, è stato riconosciuto colpevole dei reati di «atti sessuali con minorenne» e «pornografia minorile» nei confronti di un’adolescente di Guardiagrele. Vittima e aguzzino non si sono mai incontrati: tutto è avvenuto virtualmente, attraverso le chat di Whatsapp e Telegram.
MULTA E RISARCIMENTO
La sentenza pronunciata dal presidente Guido Campli (giudici a latere Enrico Colagreco e Giulia Colangeli) ha disposto anche che l’uomo paghi 30mila euro di multa e risarcisca i danni (da quantificare in separata sede) nei confronti della parte civile, ovvero i genitori della ragazzina, assistiti dall’avvocato Francesco Bucceroni. Il legale dell’imputato, l’avvocato Antonello D’Aloisio, ha invece annunciato ricorso in appello: per la difesa, Mafrolla non era a conoscenza della minore età della ragazza e, da alcuni documenti medici, si evince che il suo comportamento potrebbe essere derivato da problemi psichici.
LA DENUNCIA
Tutto comincia quando la madre della ragazzina, una mattina di primavera, dà un’occhiata al cellulare della figlia e scopre che qualcuno ha inviato alla minore messaggi a chiaro sfondo sessuale. La donna è sotto choc: a distanza di pochi minuti, racconta tutto al marito. L’uomo controlla meglio lo smartphone e ha la conferma che uno sconosciuto aveva chiesto all’adolescente delle fotografie nude e di fare cose oscene. A questo punto, davanti a una valanga di chat che non lasciano spazio a interpretazioni, il genitore non ci pensa due volte: si precipita alla caserma dei carabinieri di Guardiagrele e presenta una denuncia. Il primo passo dell’indagine è il sequestro dei cellulari dell’indagato e della vittima. Il sostituto procuratore Giuseppe Falasca si affida al consulente informatico Davide Ortolano per analizzare il contenuto dei telefoni.
LE ACCUSE
La denuncia formalizzata dal padre della tredicenne si dimostra più che fondata. L’indagine passa alla procura dell’Aquila, competente per il reato di prostituzione minorile. In base all’accusa formulata dal pubblico ministero Roberta D’Avolio, Mafrolla ha adescato la ragazzina via internet, inducendola a compiere atti sessuali. Più nel dettaglio: l’uomo ha carpito la fiducia della vittima con una marea di lusinghe e, soprattutto, fingendosi minorenne.
VIDEO E FOTO
Il 39enne, tramite messaggi su Whatsapp e Telegram contenenti esplicite richieste a sfondo sessuale, ha incitato la tredicenne a inviargli fotografie che la ritraevano nuda e video nei quali lei praticava autoerotismo. Così facendo, sempre secondo la ricostruzione della procura, l’imputato ha costretto la minore a fare esibizioni sessuali, producendo materiale pedopornografico. Video e foto sono stati trovati nel telefono del 41enne e in una memoria esterna. Ma c’è di più: dai successivi accertamenti viene fuori che l’uomo ha scambiato una fotografia della ragazzina con un utente di Kik, un’applicazione di messaggistica istantanea. Fin qui, le accuse. Due giorni fa, la richiesta del pm di 9 anni e 9 mesi di reclusione è stata integralmente accolta dal tribunale. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.