Daniele Silvestri:  «Tre ore di musica e storie collettive» 

Durante lo show il cantante lavora al nuovo disco Così il pubblico partecipa al processo creativo

PESCARA. Un disco in lavorazione, che nasce dagli incontri con il pubblico, data dopo data. È il nuovo progetto del cantautore romano Daniele Silvestri, che il 12 dicembre porterà al Teatro Massimo di Pescara il suo tour “Teatri 2022” (inizio ore 21, organizzazione Best Eventi).
La particolarità del tour è che il pubblico assiste alla costruzione del nuovo disco. Non solo spettatori di un concerto, ma anche di un processo creativo. Come nasce questa idea?
Come spesso accade, dalla necessità. Sono andato molto lungo con la lavorazione del disco, cosa che mi appartiene abbastanza, non dovrei stupirmene. Però, in questo caso, dato che il tour era stato previsto con un anno di anticipo, dando per scontato che avrei avuto un disco fuori, quando è arrivato ero nel momento di massima creatività e non volevo metterla da parte. Ho pensato che fosse più interessante e più giusto far andare avanti le cose insieme. Così, ho portato il disco in lavorazione in teatro. Oltre a proporre canzoni inedite, che stiamo finendo man mano che suoniamo, ci siamo messi anche a scrivere delle canzoni praticamente in diretta. Lo spettacolo, in parte, fa anche questo: rivela il modo in cui si costruisce una canzone, il racconto di una storia. Molte delle mie canzoni sono storie e le storie sono al centro dello spettacolo. Prima che iniziasse il tour, ho chiesto a chiunque ne avesse voglia di farmi leggere qualcosa, dal momento che mi cibo di storie costantemente e, in una fase di creazione, poteva essere interessante. Alcune di queste storie le racconto, alcune le leggo, spesso le facciamo diventare canzoni, non sapendo se poi resteranno canzoni di quella sera e basta o se si ritaglieranno uno spazio un po’ più importante.
Tra quelle arrivate, ce n’è qualcuna che pensa di inserire nel nuovo disco?
Può darsi di sì. Alcune le abbiamo già risuonate, hanno avuto già una loro seconda vita. Se lo abbiamo fatto, è perché ci è sembrato in qualche modo coerente con lo spettacolo, ma anche con le cose nuove che stiamo facendo. A fine tour sarà più facile saperlo, ma è più probabile che qualcuna vada a finire nel disco piuttosto che il contrario.
Un album che prende forma un pezzetto alla volta, concerto dopo concerto, non è qualcosa a cui si assiste tutti i giorni… Come ha risposto il pubblico a questa novità?
In maniera molto positiva. Lo spettacolo ha una sua coerenza, nonostante ci siano tantissimi ingredienti. La prima parte è teatro puro, non dico che ci sia un copione scritto ma quasi, per un po’ fingiamo che il pubblico non ci sia. Si racconta tanto sia di ciò che c’è all’origine delle singole storie/canzoni, sia del mondo in cui le facciamo, il resto lo vedono accadere. Il tutto all’interno di un metaracconto ampio e coerente. È uno spettacolo che, nonostante la durata, la ricchezza di cose che succedono, di materiali diversi che si mescolano, finisce poi per avere una sua logica, soprattutto emotiva, molto riconoscibile. Non dovrei essere io a dirlo, e normalmente non lo farei, ma in questo caso mi sento di dire che sono orgoglioso di quello che è venuto fuori, orgoglioso e grato a tutti quelli che l’hanno reso possibile.
Si definisce un “divoratore di storie”. In riferimento al disco in costruzione, che storie si intrecciano? C’è un filo conduttore?
È l’essere umano. In fondo, se divori storie è anche un po’ per quello. Sono sempre incuriosito dal modo in cui il singolo, piuttosto che la collettività, affronta il proprio tempo o il proprio luogo, il proprio momento storico o quello privato. È affascinante. Lo dico all’inizio dello spettacolo: noi siamo fatti di memorie e storie. Siamo i racconti che ci sono stati fatti, che abbiamo imparato ad amare e che ci hanno insegnato qualcosa, così come verso l’altro abbiamo un atteggiamento piuttosto che un altro, di chiusura o di apertura in base a quanto ne conosciamo la storia. L’altro è diverso e lontano finché non lo conosci, appena la storia diventa anche tua non è più né lontano né diverso.
Nello spettacolo ci sono diversi omaggi, da Paolo Borsellino a Gino Strada, passando per Pietrangeli, Dalla, Proietti…
Nel caso di Paolo Borsellino, si tratta di una canzone che ci portiamo dietro da tempo, L’appello, in cui si dà voce al fratello di Paolo, Salvatore, che ancora adesso ha una forza vitale pazzesca nella sua ricerca costante di verità. Una battaglia che abbiamo assorbito e fatto nostra. Ci sono, poi, omaggi a persone vicine che ci hanno lasciato da poco, una tra tutte: Gino Strada. La mia vicinanza a Emergency è sempre stata evidente, ma lo è diventata ancor di più da quando è scomparso. Gli dedichiamo il tour. Paolo Pietrangeli è un nome che alle nuove generazioni dice sicuramente pochissimo, per quello mi piace raccontarlo, in un momento abbastanza importante dello spettacolo. Abbiamo inserito un omaggio a Renato Vicini, interprete della lingua italiana dei segni, protagonista del videoclip della mia canzone A bocca chiusa, purtroppo appena scomparso.