Kasia Smutniak, madre tormentata  dall’incubo della “pantafa” abruzzese 

L’attrice protagonista del fanta-horror sulla strega della leggenda al Torino Film Festival  Il regista Emanuele Scarinci: «Dovremmo saper sfruttare di più queste nostre tradizioni»

TORINO. Mistero, tradizioni popolari abruzzesi, horror e una patologia, la paralisi ipnagogica: mescolando il tutto si arriva al fanta-horror Pantafa di Emanuele Scaringi con Kasia Smutniak nei panni di una madre problematica in un film prodotto da Fandango con Rai Cinema e distribuito dalla stessa Fandango. Presentato oggi al 40º Torino Film Festival nella sezione Crazies (dedicata al cinema horror e fantastico), Pantafa prende ispirazione da una antica leggenda abruzzese. La “pantafa”, “pantafica” o “pantaseme”, è una figura spettrale del folklore, personificazione dell'incubo, dalle sembianze di vecchia strega che impedisce a chi dorme di respirare. Il regista Emanuele Scaringi, romano di origini abruzzesi, (ha diretto le serie Rai L'Alligatore e Bangla e il film La profezia dell’armadillo, basato sul fumetto di Zerocalcare), ha scelto come set la zona tra Roviano e gli Altipiani di Arcinazzo, al confine tra Abruzzo e Lazio. I costumi, invece, sono del premio Oscar Gabriella Pescucci.
Il film racconta la storia di Marta (Smutniak), madre single in carriera che insieme alla figlia Nina (Greta Santi) si trasferisce in un piccolo paese di montagna dal nome poco rassicurante di Malanotte. La bambina manifesta disturbi del sonno, le cosiddette paralisi ipnagogiche, che spesso la portano ad avere allucinazioni e la madre spera che lontano dal caos della città la piccola Nina riesca a riposare senza problemi. Ma non sarà affatto così. La casa è tutt’altro che accogliente e in paese non si vedono mai bambini. Nina inizia a soffrire di allucinazioni, presenta lividi sul corpo e racconta di una figura spettrale che la immobilizza e le ruba il respiro. È la Pantafa, che nella leggenda rapisce i bambini: un incontro vero o solamente la patologia della ragazzina mescolata alla sua fantasia?
«In questo film sono una madre imperfetta che ha paura, per quello che sta accadendo alla figlia e anche di più, paura che si possa spezzare il rapporto atavico con lei, che crescendo diventa sempre più indipendente», racconta Smutniak. Con il film Pantafa», continua, «c'è anche l'opportunità di raccontare il fenomeno delle crisi ipnagogiche di cui soffre l'otto per cento della popolazione mondiale e di cui si parla davvero poco». A proposito della figura della strega, l’attrice, che ha un legame speciale con l’Abruzzo anche per il matrimonio con Pietro Taricone, scomparso nel 2010, spiega che anche nella sua infanzia c’era qualcosa di simile. «Certo, anche in Polonia ci sono figure simili. In tutte le parti del mondo, per esorcizzare la paura», spiega, «raccontiamo storie ai nostri figli che si basano sul terrore».
A proposito della scelta di interpretare questo film, «mi piace in genere affrontare qualcosa che non conosco, mettermi alla prova», racconta l’attrice. «Come è stato, ad esempio, in Perfetti sconosciuti. Mi stimola quello che non ho mai fatto, anche se mi fa paura». «Secondo me il cinema diventerà sempre più un evento», aggiunge, «come andare a teatro, ma la sala non morirà certo, perché condividere con altri le passioni è qualcosa di impagabile».
Il regista Emanuele Scarinzi spiega: «La figura della Pantafa, come il ballo della Pupa, esistono davvero in Abruzzo, fanno parte della tradizione popolare di cui parlano anche i libri di Ernesto De Martino. Il fatto è che, a differenza degli Stati Uniti, noi sfruttiamo poco le nostre tradizioni, i nostri mostri, non ne parliamo mai». Nel cast del film, scritto da Tiziana Triana, Vanessa Picciarelli ed Emanuele Scaringi, anche Mario Sgueglia, Betti Pedrazzi, Mauro Marino, Giuseppe Cederna e Francesco Colella.