Talanca racconta Guccini: le radici, i luoghi, la poetica 

Il saggista pescarese e direttore artistico della bolognese Osteria delle Dame pubblica per Hoepli Editore “Tra la Via Emilia e il West”: «Non una biografia»

Francesco Guccini fu tra i fondatori dell’Osteria delle Dame, il locale bolognese che ha visto lunghe notti di canzoni e vino con i migliori musicisti e cantautori in circolazione negli anni Settanta e che, dopo 32 anni di chiusura, è stato riaperto nel 2017 come circolo culturale. Il direttore artistico è Paolo Talanca, critico musicale nato a Pescara nel 1979, scrittore e saggista, in giuria alleTarghe Tenco.
Da sempre si occupa di canzone d’autore con all’attivo diverse pubblicazioni (Immagini e poesia nei cantautori contemporanei, Bastogi, 2006; Cantautori novissimi. Canzone d’autore per il terzo millennio, Bastogi, 2008; Nudi di canzone. Navigando tra i generi della canzone italiana attraverso il valore musical-letterario, Zona, 2010; Vasco, il Male. Il trionfo della logica dell’identico, Mimesis, 2012, Ivan Graziani. Il primo Cantautore Rock, Crac, 2015). Dunque non è solo il ruolo nel tempio della canzone d’autore nel cuore di Bologna a unire Talanca a Guccini, ma c’è da scommettere che una delle spinte a scrivere il saggio “Tra la Via Emilia e il West. Francesco Guccini: le radici, i luoghi, la poetica”, uscito da poche settimana per Hoepli Editore, è arrivata al critico abruzzese anche dalle suggestioni di questa esperienza.
Nel libro, prefazione di Gianni Mura, dagli esordi del beat, con brani simbolo per una generazione come Dio è morto o Auschwitz, passando per la stagione d’oro dei cantautori, quegli anni Settanta in cui Guccini è stato un riferimento cruciale grazie a canzoni come La locomotiva o Eskimo, o più intimi come Incontro o Amerigo. E poi il modo in cui ha cantato gli anni Ottanta, con un rinnovamento musicale che ha saputo strutturare maggiormente il proprio stile, in un decennio segnato dal maestoso concerto del 1984 in Piazza Maggiore a Bologna, da cui questo libro ha preso in prestito il nome. Fino agli anni Novanta, di rabbia e d’amore, che attraverso il brano Addio prefigurano la scia che porta a L’Ultima Thule e ai giorni nostri.
Non una biografia, scrive Talanca nella introduzione che pubblichiamo di seguito, ma un libro che scava in profondità nella vita e nella poetica di uno dei principali rappresentanti della nostra canzone d’autore, con disquisizioni talvolta piuttosto erudite e l’analisi delle sue canzoni più rappresentative. (lad’i)
L’Introduzione
di PAOLO TALANCA
Quella che avete tra le mani non è una biografia di Francesco Guccini. Non è una biografia, nel senso che non vuole essere un esaustivo racconto di vita. In queste pagine si parlerà invece della poetica del cantautore emiliano. Per farlo, verranno citati e visti da vicino alcuni luoghi, alcune persone, alcune canzoni, alcuni aneddoti: quelli funzionali al percorso artistico che si vuole evidenziare. In ordine rigorosamente cronologico, questo libro parlerà dei luoghi da cui scaturi- scono i suoi temi ricorrenti; del punto di vista delle persone che lo conoscono bene; del filo rosso che lega lo stile e le tematiche di uno dei cantautori più rappresentativi della canzone d’autore italiana. Già: “canzone d’autore”, espressione che sembra non piacere a nessuno, eppure è ormai indispensabile per descrivere ciò che meglio sa fare Guccini. Il punto di vista di Francesco sul mondo raccontato nelle canzoni esprime una coerenza e un’autenticità difficile da riscontrare in qualunque altro can- tautore italiano. In più, spesso si pensa ai cantautori come ad artisti raffinati, ma di una raffinatezza complicata, cervellotica, accademica, culturale nel senso più sofisticato del termine. Niente di più sbagliato se ci si riferisce a Guccini, che viene dalla cultura popolare, contadina. Non c’è una sola sua canzone che sia ostica per via del linguaggio. Le parole spesso sono semplici e arrivano dritte al punto. Pàvana è il centro fondamentale su cui si basa l’intera sua poetica, su cui poi si sono impalcati prima l’ap prendistato cittadino e provinciale dell’adolescenza modenese e poi le travi e le assi dell’accademia bolognese, raccontate in osteria fino a farsi letteratura. Oggi, dopo che Bob Dylan ha vinto il Nobel per la Letteratura e si parla sempre più spesso di insegnamento dei cantautori a scuola, c’è bisogno di isolare la bellezza dei temi e la verità di fondo dalle migliori canzoni dei migliori cantautori italiani. La loro poetica, non solo le parole, perché si parla di letteratura ma non di poesia o prosa. Si parla di canzone, che si piazza fuori dal tempo con l’intonazione della voce e che per esistere deve succedere: un oggetto delicato e potente. Ecco perché questo libro parlerà di musica e parole, perché la canzone non è solo testo. Si parlerà di libri – e Guccini ne ha scritti tanti – ma sempre in funzione della poetica delle canzoni dell’autore. Pàvana, Modena, Bologna, Pàvana. Questo il tragitto nello spazio, che ha un centro nevralgico a Bologna il 21 giugno del 1984: lo storico concerto in Piazza Maggiore, evento epocale che – non casualmente – presta anche il nome al titolo di questo libro.
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