«I soldi del pianoforte finiti a Masci»

Tre assegni dell’imprenditore concusso Bruno Chiulli finiti all’agenzia Mirus di Michele Russo «per la campagna elettorale» di Carlo Masci alle comunali nel 2003. È stata la difesa di Cantagallo, durante il processo su appalti e tangenti a Montesilvano, a rivelare il giallo
MONTESILVANO. Tre assegni dell'imprenditore Bruno Chiulli, ciascuno da 2.500 euro, finiti all'agenzia Mirus di Michele Russo «per sostenere la campagna elettorale» di Carlo Masci alle elezioni comunali di Pescara nel 2003. È l'avvocato Giuliano Milia a rivelare che «non è stato l'ex sindaco Enzo Cantagallo» a incassare gli assegni staccati dall'imprenditore della Green service. I soldi, assicura la difesa dell'ex sindaco Enzo Cantagallo, sono finiti a Carlo Masci, sfidante di Luciano D'Alfonso alle elezioni comunali di Pescara nel 2003 e attuale assessore regionale al Bilancio: «Sono i documenti bancari a dimostrare che i tre assegni firmati dall'imprenditore della Green service Bruno Chiulli sono stati incassati dall'agenzia Mirus per finanziare la campagna elettorale di un candidato sindaco di Pescara». Con questa dichiarazione durante l'udienza preliminare di ieri, l'avvocato Giuliano Milia gela l'aula 6 del tribunale.
LA CAMPAGNA DI MASCI La Mirus non conferma la ricostruzione: «Gli assegni? Sono stati incassati dalla Mirus in forza di un contratto per la realizzazione di brochure, depliant e manifesti aziendali. A fronte del lavoro svolto», spiega il titolare Michele Russo, «la Mirus ha emesso fattura alla Green service ma è, con tali pagamenti, la campagna elettorale di Masci non c'entra». Nel 2003, la Mirus ha curato la campagna elettorale di Masci: «Gli assegni della Green service», assicura Russo, «non sono collegabili al lavoro svolto per Masci». Anche Masci sottoscrive la versione di Russo: «Non mi risulta», dice, «che la campagna elettorale 2003 sia stata sostenuta anche da Chiulli».
«LE VERSIONI DI CHIULLI» La difesa di Cantagallo punta a minare la credibilità di Chiulli: «In cinque interrogatori ha cambiato versione altrettante volte», osserva Milia. Secondo Cantagallo, la confessione di Chiulli, che ha scelto il patteggiamento per l'accusa di corruzione, è inattendibile e l'inaffidabilità è dimostrata anche dal mistero degli assegni. La seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere di Cantagallo, 13 dicembre 2006, si basa sugli assegni firmati da Chiulli, il 13 e 19 maggio e il 3 giugno 2003 per un totale di 7.500 euro: soldi in cambio di un pianoforte trovato in uno stanzino della villa di Chiulli a Spoltore. Per l'accusa, la vendita del pianoforte pagato con gli assegni è una messa in scena per coprire le tangenti date a Cantagallo. Milia, però, fa notare che gli assegni non sono stati incassati da Cantagallo «ma dalla Mirus»: Chiulli, dice la difesa, ha comprato il pianoforte da Cantagallo l'anno prima, nel 2002, mentre «gli assegni del 2003 sono serviti alla campagna elettorale di Masci e Cantagallo non li ha visti».
IL GIRO DI ASSEGNI Ma Chiulli, durante gli interrogatori, ha spiegato agli investigatori che la campagna elettorale di Masci non l'ha mai finanziata: i soldi li ha dati a Cantagallo per assicurarsi gli appalti. Il giro di assegni che ruota intorno a Chiulli, Cantagallo, Russo e Masci resta inspiegabile.
GLI SMS DI COLANGELO In aula, Milia legge anche un sms dell'architetto Aurelio Colangelo inviato all'ex presidente del consiglio comunale Massimiliano Pavone con preghiera di mostrarlo a Cantagallo: «Bene, la benzina già c'è, ci manca solo il cerino. Appena torno lo accendo», dice l'sms spedito il 3 settembre 2006, quando Colangelo viene a sapere di essere tagliato fuori dall'affare Villa Delfico. L'appalto per gli appartamenti tra corso Umberto e strada parco con vista su una zona verde di 10 mila quadrati va a Vladimiro Lotorio, capogruppo della Margherita. Al gup Carla De Matteis, Milia consegna anche il testo di altri sms di Colangelo: il secondo recita «Come posso godermi le ferie sapendo che la commissione composta da Canale, De Martiis e Americioni ha giudicato meglio il lavoro di Lotorio che è il capogruppo della Margherita?». Secondo la difesa, i messaggi descrivono un clima di tensione dimostrata anche da un'altra intercettazione del 6 settembre: «Caro Enzo», dice Colangelo, «l'errore che hai fatto quando sei diventato sindaco è che volevi fare tutte le cose tu. Alla fine, però, non ci hai capito un cazzo».
PARLA CANTAGALLO «Le centinaia di telefonate nel 2006 tra me e il capo di gabinetto Lamberto Di Pentima, attinenti le indagini in corso erano motivate dal fatto che io ero terrorizzato perché l'indagine era svolta dalla squadra mobile diretta da Nicola Zupo», afferma Cantagallo, «per questo, durante le indagini, ho voluto incontrare il procuratore capo Nicola Trifuoggi, il prefetto Giuliano Lalli e il questore Dante Consiglio con l'obiettivo di comunicare che Zupo non poteva indagare su Montesilvano. Finita la fase dell'udienza preliminare documenterò per quale motivo sostengo questa tesi», afferma Cantagallo.
LA CAMPAGNA DI MASCI La Mirus non conferma la ricostruzione: «Gli assegni? Sono stati incassati dalla Mirus in forza di un contratto per la realizzazione di brochure, depliant e manifesti aziendali. A fronte del lavoro svolto», spiega il titolare Michele Russo, «la Mirus ha emesso fattura alla Green service ma è, con tali pagamenti, la campagna elettorale di Masci non c'entra». Nel 2003, la Mirus ha curato la campagna elettorale di Masci: «Gli assegni della Green service», assicura Russo, «non sono collegabili al lavoro svolto per Masci». Anche Masci sottoscrive la versione di Russo: «Non mi risulta», dice, «che la campagna elettorale 2003 sia stata sostenuta anche da Chiulli».
«LE VERSIONI DI CHIULLI» La difesa di Cantagallo punta a minare la credibilità di Chiulli: «In cinque interrogatori ha cambiato versione altrettante volte», osserva Milia. Secondo Cantagallo, la confessione di Chiulli, che ha scelto il patteggiamento per l'accusa di corruzione, è inattendibile e l'inaffidabilità è dimostrata anche dal mistero degli assegni. La seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere di Cantagallo, 13 dicembre 2006, si basa sugli assegni firmati da Chiulli, il 13 e 19 maggio e il 3 giugno 2003 per un totale di 7.500 euro: soldi in cambio di un pianoforte trovato in uno stanzino della villa di Chiulli a Spoltore. Per l'accusa, la vendita del pianoforte pagato con gli assegni è una messa in scena per coprire le tangenti date a Cantagallo. Milia, però, fa notare che gli assegni non sono stati incassati da Cantagallo «ma dalla Mirus»: Chiulli, dice la difesa, ha comprato il pianoforte da Cantagallo l'anno prima, nel 2002, mentre «gli assegni del 2003 sono serviti alla campagna elettorale di Masci e Cantagallo non li ha visti».
IL GIRO DI ASSEGNI Ma Chiulli, durante gli interrogatori, ha spiegato agli investigatori che la campagna elettorale di Masci non l'ha mai finanziata: i soldi li ha dati a Cantagallo per assicurarsi gli appalti. Il giro di assegni che ruota intorno a Chiulli, Cantagallo, Russo e Masci resta inspiegabile.
GLI SMS DI COLANGELO In aula, Milia legge anche un sms dell'architetto Aurelio Colangelo inviato all'ex presidente del consiglio comunale Massimiliano Pavone con preghiera di mostrarlo a Cantagallo: «Bene, la benzina già c'è, ci manca solo il cerino. Appena torno lo accendo», dice l'sms spedito il 3 settembre 2006, quando Colangelo viene a sapere di essere tagliato fuori dall'affare Villa Delfico. L'appalto per gli appartamenti tra corso Umberto e strada parco con vista su una zona verde di 10 mila quadrati va a Vladimiro Lotorio, capogruppo della Margherita. Al gup Carla De Matteis, Milia consegna anche il testo di altri sms di Colangelo: il secondo recita «Come posso godermi le ferie sapendo che la commissione composta da Canale, De Martiis e Americioni ha giudicato meglio il lavoro di Lotorio che è il capogruppo della Margherita?». Secondo la difesa, i messaggi descrivono un clima di tensione dimostrata anche da un'altra intercettazione del 6 settembre: «Caro Enzo», dice Colangelo, «l'errore che hai fatto quando sei diventato sindaco è che volevi fare tutte le cose tu. Alla fine, però, non ci hai capito un cazzo».
PARLA CANTAGALLO «Le centinaia di telefonate nel 2006 tra me e il capo di gabinetto Lamberto Di Pentima, attinenti le indagini in corso erano motivate dal fatto che io ero terrorizzato perché l'indagine era svolta dalla squadra mobile diretta da Nicola Zupo», afferma Cantagallo, «per questo, durante le indagini, ho voluto incontrare il procuratore capo Nicola Trifuoggi, il prefetto Giuliano Lalli e il questore Dante Consiglio con l'obiettivo di comunicare che Zupo non poteva indagare su Montesilvano. Finita la fase dell'udienza preliminare documenterò per quale motivo sostengo questa tesi», afferma Cantagallo.
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