1° dicembre

Oggi, ma nel 1971, a Torino, in barriera di Lanzo, al civico 9 di via Durando, sede della ditta Crometal, specializzata in produzioni galvaniche, alle 13, i dipendenti Antonio Andreucci, di 27 anni, e Maria Donata Tummolo, di 15, tentavano il suicidio, per il loro amore travagliato, dandosi l’ultimo bacio con una pasticca di cianuro tra le labbra, ma lei moriva e lui sopravviveva. Antonio, caporeparto dei 15 lavoranti nell’officina, 10 uomini e 5 donne, della società di proprietà di Aldo Gottfried e del figlio Franco, era originario di Amandola, in provincia di Fermo, sposato da tre anni con la rodigina Dorina Greguoldo, di 25, impiegata nella società Cora, di accessori per auto, di corso Giovanni Agnelli, ma senza figli.
Maria, di Lavello di Potenza, era apprendista operaia con mansioni anche di addetta alle pulizie del refettorio dopo aver interrotto gli studi in prima media. Si amavano profondamente da otto mesi, ma temevano di suscitare scandalo. Anche perché uno zio di lei s’era accorto della relazione e aveva sottolineato la differenza d’età e di condizione tra i due amanti. Quel 30 novembre 1971, nel locale delle caldaie dello scantinato sotto gli uffici dell’azienda di cromature, dopo aver tentato di avere un rapporto sessuale, che per la giovane sarebbe stato il primo, ma alla fine non consumato per opposizione di lui, che non se la sentiva sapendo dell’imminente fine, era scattato il proposito di farla finita.
Con una delle compresse di veleno utilizzate per lavorare i metalli. Ma lui, alle 15, veniva salvato dall’intervento tempestivo dell’imprenditore e portato con l’ambulanza nel reparto di rianimazione dell’ospedale cittadino delle Molinette. Dal quale dettaglierà la dinamica dei fatti (nella foto, particolare, il resoconto riportato sul quotidiano torinese “La Stampa” del 2 dicembre 1971), secondo la propria versione. Che verrà solo parzialmente creduta dagli esponenti delle forze dell’ordine e della magistratura. Poi sarà trasferito in carcere, alle Nuove, in custodia cautelare. Il caso destava enorme clamore mediatico anche per i contorni da romanzo oltre che per la giovane età della malcapitata. Il 9 maggio 1973 Andreucci verrà condannato, in primo grado, a 7 anni di reclusione "per istigazione al suicidio". E il 19 novembre 1973, in appello, la pena verrà aumentata di un anno.
