Assalto al portavalori sull'A14, una testimone: "Li ho visti in azione, era il Vietnam"

Il racconto di una donna bloccata in auto a Mosciano. Uno dei banditi punta il fucile a un papà con i figli: "Ti trivello la testa"
MOSCIANO. E’ l’immagine di un giovane papà con i figli piccoli in auto e un kalashnikov puntato alla testa a raccontare più di ogni particolare l’inferno sull’A14, a Mosciano. Perchè il giorno dopo la cronaca dell’assalto al portavalori si srotola nelle parole degli automobilisti precipitati in un incubo in cui tutti potremmo finire. Lo racconta con la voce che trema ancora la donna pescarese di 44 anni che era in macchina con il marito per raggiungere San Benedetto del Tronto: «Li ho visti in azione, era il Vietnam. Erano almeno in sette e uno aveva il passamontagna, erano armati con fucili e pistole e sparavano contro il blindato rovesciato e con dentro le guardie giurate. Ho ancora nella testa il rumore degli spari che non finivano più e questa notte non sono riuscita dormire. Li ho visti tagliare con la mola e scappare quando hanno sentito arrivare le auto della polizia. Gente organizzata, che si vedeva sapeva quello che stava facendo e sapeva come muoversi. Gente senza scrupoli pronta a tutto».
Anche a puntare il kalashnikov alla tempia dell’automobilista la cui unica colpa è quella di ritrovarsi a pochi metri dall’azione e che quando dice «non fate niente, ho i bimbi in auto» si sente rispondere «se non te ne vai ti trivello la testa». La sua macchina sarà una di quelle date alle fiamme dai malviventi per darsi alla fuga. «Abbiamo visto incendiare i mezzi con una velocità estrema», continua la donna pescarese al telefono, «quei momenti mi sono sembrati lunghissimi ma quando tutto è passato mi sono accorta che tutto è successo in pochi minuti. E devo dire che quando ho visto quei giovani poliziotti dell’autostradale con i giubbotti antiproiettili e le pistole in mano arrivare ho anche pensato: ma che possono fare contro gente armata fino ai denti e pronta a tutta? Devo dire, invece, che quei ragazzi che ho visto agire in strada sono stati bravissimi nonostante la disparità dei mezzi. Hanno rischiato la vita tra le fiamme e gli spari. In questo giorno in cui si celebra la Repubblica mi sembra giusto dire quello che hanno fatto ma anche riflettere sul fatto che in questa nostra Italia nulla è più sicuro».
Lo dice anche il 50enne teramano che stava rientrando a casa dopo aver riportato dalla figlia il nipotino di dieci anni. E’ quello a cui uno dei rapinatori armati di fucile ha urlato: «Facciamo una carneficina». «Impossibile capire se uno non ci si trova», racconta, «ho pensato a cosa avrei potuto fare se in macchina ci fosse stato ancora mio nipote. E’ una scena che non dimenticherò mai, così come il rumore continuo degli spari».(d.p.)
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