Processo per il sindacalista licenziato

21 Maggio 2013

Dice no alla Turchia, l’Ykk lo manda via con altri due operai. E alla Martelli l’azienda vuole salvare 120 posti di lavoro

COLONNELLA. Gli economisti direbbero che la Val Vibrata si sta deindustrializzando. Per la gente comune è un’area che perde decine e decine di posti di lavoro. Un problema che troppi vivono sulla propria pelle. Due aziende in cui è evidente questo fenomeno sono la Ykk di Colonnella e la Martelli di Ancarano. La prima produce bottoni la seconda è una lavanderia industriale.

La prima è salita sulle cronache dei giornali in quanto ha proposto ai propri dipendenti, per evitare il licenziamento, di andare a lavorare in Turchia. Una proposta che è arrivata in un contesto fatto di scioperi e proteste per evitare i 12 licenziamenti annunciati. Alla fine ce ne sono stati 11. «C’è stato un mancato accordo, nonostante ci fosse un potenziale di 8 volontari disponibili all’esodo con un incentivo», esordisce Giampiero Dozzi della Fiom Cgil, «l’impressone è che sia una situazione finalizzata a espellere i lavoratori espressione del sindacato». L’azienda gestita da giapponesi ha così mandato a casa gli 8 volontari e altri tre operai, di cui uno rappresentante Cgil e l’altro iscritto. Tutti e tre hanno impugnato il licenziamento: domani al tribunale di Teramo si terrà l’udienza «sul ricorso da noi presentato per comportamento antisindacale, ai sensi dell'articolo 28 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, da parte dell'Ykk Snap Fasteners Italia a in seguito alla procedura di mobilità sfociata nel licenziamento del nostro Rsu Luciano Impiccini e del nostro iscritto Daniele Regoli», specifica Dozzi. Il sindacalista ricorda che la Ykk «si era impegnata a minimizzare il danno sociale, dicendo di proporre un recupero di posti di lavoro. C'è un sito nel Nord poteva essere preso in considerazione per i trasferimenti, noi di fronte al salvataggio di posti di lavoro non abbiamo remore. Ma ci scandalizziamo se la proposta è la Turchia». L’azienda inoltre ha rifiutato il ricorso alla cassa integrazione in attesa che una società specializzata in ricollocazione trovasse un’occupazione alternativa agli 11. «Confidiamo nel fatto che venga fatta giustizia», conclude Dozzi.

Situazione diversa alla Martelli, dove i sindacati temono comunque che si arrivi ai licenziamenti. Adesso l’azienda è ferma e ieri è stata firmata la proroga per altri 3 mesi della cassa integrazione che si somma al contratto di solidarietà. Ieri si è tenuto l’ennesimo incontro in Provincia, anche con il consigliere regionale Emiliano Di Matteo e il sindaco di Ancarano Pietrangelo Panichi. «L’azienda non ha portato il piano industriale nemmeno stavolta», osserva Emanuela Loretone della Filctem Cgil, «ma ha dichiarato che l’attività di ristrutturazione del debito non prevede la chiusura dello stabilimento di Ancarano». La Martelli ha annunciato che ha costituito una nuova società (con sede ad Ancarano)con il compito di reperire commesse di capi da lavorare: l’impegno è a far rientrare il 20% degli ordini in Italia e tutti questi ad Ancarano. «Noi diamo una lettura parzialmente positiva: c’è stato un impegno al tavolo istituzionale ma vediamo ad Ancarano, rispetto ad altri stabilimenti del gruppo, delle criticità», conclude Loretone. «Abbiamo ribadito la necessità che l’azienda faccia scelte chiare di prospettiva attraverso un piano industriale più puntuale», aggiunge Serafino Masci della Femca Cisl, «ci siamo aggiornati all’8 luglio con elementi nuovi, anche con la valutazione delle banche». Sulla newco che sta nascendo ad Ancarano con 2 milioni di euro di investimenti Masci osserva: «monitoreremo l’andamento di questo investimento: il nostro obiettivo è costruire percorso che sia risposte adeguate per preservare il numero più elevato possibile di posti di lavoro». Attualmente i dipendenti sono 120.

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