Casalesi, Procura contro le scarcerazioni

Impugnato in Cassazione l’atto che ha messo in libertà Alfonso e Domenico Di Tella. Libero Cipriano

L’AQUILA. Prosegue lo scontro tra Procura e difese nell’inchiesta «Dirty Job» contro lo sfruttamento dei lavoratori nel cantieri della ricostruzione da parte di persone ritenute vicine al clan dei Casalesi.

L’altra sera, infatti, il giudice per le indagini preliminari del tribunale Giuseppe Nicola Grieco ha rimesso in libertà (era ai domiciliari da settimane) Cipriano Di Tella.

Ma la Procura sembra interessata a dare battaglia in questa indagine nella quale ora nessuno dei sette indagati è gravato da misure cautelari di alcun genere.

Infatti si è appreso che il pm ha impugnato in Cassazione il provvedimento con il quale lo stesso giudice per le indagini preliminari, pochi giorni fa, aveva concesso la libertà provvisoria a coloro che sono ritenuti dall’accusa i principali responsabili dei reati contestati: Domenico Di Tella e Alfonso Di Tella. I due sono stati rimessi in libertà dopo circa cento giorni di carcere e ora la Procura sembra più che mai intenzionata a farceli tornare o, perlomeno, a metterli ai domiciliari. Una presa di posizione che non sorprende visto che la magistratura, compreso il Riesame, è stata sempre molto rigida su questo filone investigativo.

Insieme ai Di Tella, nei giorni scorsi, era stato scarcerato anche un tecnico avezzanese che operava nei cantieri. Si tratta dell’ingegnere Michele Bianchini. L’inchiesta, caratterizzata inizialmente da sette arresti, si è arricchita di altri soggetti i cui nomi sono iscritti al registro degli indagati.

Tra queste persone ci sarebbe qualcuno in divisa ma anche qualche professionista aquilano, tutti sospettati di avere fornito informazioni sugli sviluppi delle indagini alle persone che sono finite sotto inchiesta.

(g.g.)

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