Così si è difeso Di Marco Testa: se ho rubato lasciatemi in carcere

Le bordate al grande accusatore Gargano, i lavori nel ristorante e le intercettazioni compromettenti «Ho servito lo Stato senza ombre, facendo il sindaco a 800 euro e vengo dipinto come un criminale»

TAGLIACOZZO. Quelle che seguono sono le parole di Maurizio Di Marco Testa, sindaco dimissionario del Comune di Tagliacozzo, arrestato una settimana fa per presunti favori nella gestione di appalti e incarichi. Sono parole contenute in più di 100 pagine di interrogatorio davanti al pm Roberto Savelli e al gip Maria Proia. Pagine con nomi, fatti, giustificazioni alle telefonate ritenute compromettenti dalla Procura.

IL FIN DI BENE. La difesa di Di Marco Testa, assistito dall’avvocato Roberto Verdecchia, si fonda su un principio: non ci sono soldi in ballo. «Se il giudice e il procuratore pensano che ho sbagliato, così sono andati i fatti, ho sbagliato a fin di bene», afferma il finanziere, «se ci fosse stato un solo centesimo in tutta l’attività amministrativa, se ne avessi approfittato, andrebbero buttate le chiavi e dovrei restare dentro, perché i soldi pubblici non si toccano. Ma non dico un euro, un centesimo. Ho fatto anni di servizio allo Stato senza ombre, senza niente. Vengo dipinto come un criminale. Ma poi i fatti parlano diversamente. Prendo 800 euro al mese da sindaco, non ho mai percepito un rimborso spese, non ho il cellulare del Comune, non ho mai utilizzato la macchina».

CAVALLO SOLITARIO. Il grande accusatore è Alfonso Gargano, consigliere comunale ed ex assessore ai Lavori pubblici. «Gargano parla di fatti avvenuti nel 2011 e va a denunciarli nel mese di febbraio 2015. Dopo le elezioni, in Comune voleva farsi un proprio gruppo, per potermi mandare a casa in qualsiasi momento. Voleva contare, cosa che non gli è riuscita. Successivamente ha iniziato a fare un’azione denigratoria. Un elemento disturbatore, un cavallo solitario, toglieva la serenità alla maggioranza. È una di quelle persone che gli piace mettere i piedi in cinque scarpe. Sono pronto a sconfessare quello che ha dichiarato Gargano. Non siamo mai venuti alle mani».

MARESCIALLO E GARGANO. Durante l’interrogatorio, Di Marco Testa fa riferimento anche a un «certo rapporto di frequentazione tra il maresciallo Romano e Gargano». Il luogotenente Marco Romano è il carabiniere che ha condotto l’indagine. Il pm ribatte: «Se sta dicendo che c’è stato un atteggiamento doloso del maresciallo lo mettiamo a verbale». E Di Marco Testa: «Sono pure due colleghi, perché lui è un poliziotto (Gargano, ndr) e si stanno a prendere il caffè. Però ho detto che c’è una frequentazione anche prima, anche negli anni, anche molto prima, non che ci sia intenzione dolosa». Dopo gli arresti anche il procuratore Andrea Padalino ha difeso l’operato di Romano e dei carabinieri della compagnia di Tagliacozzo.

IL RISTORANTE DI FAMIGLIA. Ci si sofferma sui rapporti con l’architetto Carlo Tellone, colui che avrebbe ottenuto incarichi di favore: «Io e mia moglie nel 1990 comprammo un immobile, che lo conoscono tutti a Tagliacozzo, la cosiddetta Parigina. L’80% dei lavori li ho fatti in economia, personalmente, potete chiedere ai miei vicini, ero un mulo, lavoravo i sabati e le domeniche. Non ricordo se era il 2007 o il 2008 quando ho dato incarico a Tellone di realizzare una torre, quando non facevo nessun tipo di attività amministrativa. Lei, giudice, potrà vedere che ho dato molti meno incarichi io con questo rapporto strettissimo rispetto alle passate amministrazioni. Tellone è uno dei più noti professionisti della zona, era stato anche assessore al Commercio quando c’era, mi sembra, il sindaco Giovagnorio Franco. Lo stesso Gargano ha conferito incarichi personali a Tellone, mi risulta. Se ho pagato i lavori? Sicuramente sì. Fatturati? La gestione la cura mia moglie».

NON SONO AMICO. L’affitto di un palco per il Festival di Mezza estate è al centro dell’inchiesta. Incarico con delibera d’urgenza: «Non sono amico, non conoscevo prima di allora questa Evol Sound, ma avevo la necessità di far partire il festival».

LA TELENOVELA. In merito alla scalinata di San Francesco – altra opera al centro dell’indagine – Di Marco Testa dice: «Mi sembra la cosiddetta telenovela, a mio avviso c’era una certa urgenza nei lavori. A Villa San Sebastiano come punto di riferimento mi avvalgo di Di Marco Angelo... le ditte sono state indicate dall’ufficio tecnico, il ribasso lo ha fatto la ditta».

MALEDETTI PREZZARI. «Non parliamo se c’è stato o no il vantaggio...» riprende «dicevo sempre anche all’ingegner Torrelli e agli altri per quale motivo dobbiamo applicare questi maledetti prezzari regionali, se faccio con questi parametri un metro di asfalto mi costa 20, se io chiamo la stessa ditta e lo faccio a casa, quindi lo stesso lavoro alle stesse condizioni, mi costa 10. Un’amministrazione ha le armi spuntate e le casse vuote rispetto a tutte le esigenze anche urgenti che arrivano. Bonifaci e Tellone? Sono cugini. La nostra... stiamo parlando di una piccola comunità, ci conosciamo tutti. Al di là di quello che può sembrare e apparire, la realtà dei fatti è diversa. Nessuno ha voluto avvantaggiare nessuno».

LE FREGNACCE. Sulle indagini da stoppare, stando a un’intercettazione, il sindaco dimissionario replica: «Fregnacce. Questa cosa va riferita a quello prima, dove dicevo che possiamo fare, dopo chiuse le indagini, le nostre contro deduzioni».

AGGANCI IN PROCURA. Si parla anche del tentativo degli indagati di contattare un agente in servizio alla Procura di Avezzano affinché si rivolga a un assistente del pm per avere notizie dell’indagine. Di Marco Testa: «Stavamo a parlare di cazzate. Lo dice Carlo».

IL SENATORE CHI? Sulla possibilità di contattare il senatore Marco Conti per fare pressioni sui carabinieri (altra intercettazione con Carlo Tellone) Di Marco Testa replica: «Non so chi sia. Non gli ho dato retta, Carlo dice, fa. Non lo assecondo».

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