Crac rossoblù, Passarelli ai domiciliari

Confermate le condanne in Cassazione: 4 anni e mezzo al vecchio presidente e tre (con l’indulto) all’imprenditore Iannini

L’AQUILA. Il crac della vecchia L’Aquila calcio, che alla fine degli anni Novanta fece sognare la serie B ai tifosi rossoblù, fu colpa dell’allora presidente Michele Passarelli e dell’imprenditore Eliseo Iannini. Nelle scorse settimane i giudici di Cassazione hanno confermato le condanne inflitte in appello ai due imputati che gestirono quel club che, va precisato, non ha punti di contatto con quello attuale, da poco sceso in serie D.

Al vaglio dei giudici la bancarotta fraudolenta conseguente al crac della vecchia L’Aquila calcio, fallita nel 2004 con sentenza del tribunale mentre militava in serie C2. In primo grado l’ex presidente Michele Passarelli venne condannato a sette anni e mezzo di reclusione mentre per Eliseo Iannini ci fu una responsabilità minore: 4 anni di carcere. Nel processo di secondo grado il collegio ridusse le pene, visto che a Passarelli furono inflitti 4 anni e mezzo di reclusione e tre anni a Iannini. Pene confermate in Cassazione con indulto di 3 anni per tutti.

Nessuno dei due andrà in cella. Passarelli starà un po’ ai domiciliari e poi dovrebbe tornare libero, mentre per Iannini c’è l’indulto con il condono della pena.

I due imputati, in particolare, erano accusati di avere distratto dal patrimonio societario somme di una certa consistenza, in totale un paio di miliardi di vecchie lire, che erano destinati invece ai creditori. Una brutta fine per una squadra che sfiorò la promozione nella serie cadetta portando anche ottomila persone al Fattori come in un match vinto col Palermo per 1-0 nel 2000.

In primo grado erano state assolte e comunque erano state tirate fuori dal processo per prescrizione anche altre persone che, in qualche misura, influirono nella gestione di allora. Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse, ma i magistrati non hanno mai preso in considerazione le loro tesi.

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