Il governo: concorsone unica strada

Il capo di gabinetto della Coesione territoriale: impossibili le proroghe al personale o alle strutture emergenziali

L’AQUILA. O il concorsone o niente. O il concorsone o si blocca la ricostruzione. Questo il messaggio «forte e chiaro» arrivato ieri dal governo attraverso Alfonso Celotto, capo di gabinetto del ministero per la Coesione territoriale. In sostanza, chiusura totale su eventuali scappatoie come la proroga dei precari in caso di naufragio del concorsone stesso, costretto a viaggiare tra i marosi. «Con gli articoli 67-bis e seguenti del decreto legge 83 del 2012», scrive Celotto a nome del ministro Barca, «il Legislatore ha scelto in maniera inequivocabile di organizzare “in via ordinaria” la ricostruzione. Questo ha comportato la cessazione dello stato di emergenza dallo scorso 31 agosto e, conseguentemente, la cessazione di tutte le strutture e i contratti di personale emergenziale dal 31 dicembre. Contemporaneamente, è stato attivato un concorso pubblico nazionale per reclutare in maniera stabile il personale che dovrà operare nei territori. Per garantire massima celerità e assoluta imparzialità, questo concorso è stato affidato alla struttura statale con maggior esperienza e competenza in materia, la Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni, stabilendo altresì che la Commissione giudicatrice sia designata dal Presidente del Consiglio». A fronte delle polemiche degli ultimi giorni, il ministro precisa mediante il suo capo di gabinetto: «Abbiamo assoluta fiducia nella Commissione Ripam e nel Formez, e siamo consapevoli che stanno compiendo uno sforzo enorme per completare le procedure di concorso in un termine inusualmente breve. In un modello», aggiunge Celotto, «che va definitivamente fluidificandosi, non possiamo che essere amareggiati per i residui grumi di vischiosità che ancora emergono in parti del territorio, ma siamo pienamente consapevoli che soltanto mediante il concorso sarà possibile assumere i collaboratori necessari alla ricostruzione». E conclude: «La scelta del Legislatore è stata chiarissima, per cui – quali che saranno i tempi del concorso – in nessuna ipotesi appare possibile nemmeno pensare a ulteriori proroghe delle strutture utilizzate per l’ormai cessata gestione dell’emergenza».

Secondo Stefania Pezzopane, responsabile nazionale Pd per la ricostruzione, la Regione avrebbe potuto provvedere a stabilizzare i precari «con gli strumenti e le possibilità che, a differenza dei Comuni e delle Province, le assegna la legge, evitando l’ormai famigerato “concorsone” sul quale, oggi, si sbraccia ipocritamente Giuliante. Atteggiamento non dissimile da quello di altri esponenti locali della maggioranza in Regione, che a parole difendono i precari e biasimano il concorso ma, nei fatti, approvano leggine e sveltine. Se, infatti, i Comuni e le Province non possono legiferare in merito a stabilizzazioni del personale precario e, pertanto, hanno dovuto attenersi alle disposizioni contenute nella cosiddetta legge Barca, e dunque procedere alle assunzioni tramite concorso, affidandolo, sempre per legge, al Ripam, la Regione avrebbe potuto fare per tempo, e per tutti, l’unica cosa sensata, giusta e opportuna, vale a dire promuovere una legge che trasformasse i precari della ricostruzione in lavoratori a tempo indeterminato, salvaguardando i diritti dei dipendenti e la possibilità, per gli enti, di avvalersi di lavoratori preparati, motivati e dotati di competenze specifiche (come peraltro fatto da altre Regioni colpite)». Pezzopane parla poi di «deplorevole fuga di notizie che inficia e pregiudica la trasparenza di tutta la procedura, un fatto tutto interno all’entourage di Chiodi. Chiedo che a pagare non siano né i cittadini né gli aspiranti al concorso né le pratiche per la ricostruzione. Per ogni giorno che slitta rispetto alla tabella di marcia sulle assunzioni, il governo preveda proroghe consequenziali e correlate per i precari della ricostruzione».

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