L’urlo della madre: «Oddio, è morto»

28 Ottobre 2013

Il drammatico racconto di un vicino di casa: Domenico ci ha chiesto aiuto, ma è stato tutto inutile

MASSA D’ALBE. «Abbiamo sentito delle urla strazianti e siamo scappati, capendo subito da dove provenivano». Luigi Filauri e Lorenzo Di Giulio, vicini di casa di Domenico Libertini, sono stati i primi a soccorrerlo. Mentre parlano arrivano gli altri abitanti della frazione, non appena la notizia dell’incidente si sparge nella frazione. Iniziano ad affollare la piccola traversa di via Fressora, in cui si trova la casa della famiglia Libertini. Filauri e Di Giulio sono ancora scioccati da quanto vissuto. «Ci siamo diretti subito nel luogo da dove provenivano le urla», racconta Di Giulio, con un filo di voce, «già intorno alle sette sentivamo il rumore del martello pneumatico e quindi siamo scappati verso Domenico. Mentre correvamo abbiamo chiamato il 115 per richiedere l’intervento dei vigili del fuoco».

«Domenico era ricoperto di macerie», continua il drammatico raccotno, «e urlava “Aiutatemi, aiutatemi, non riesco a respirare” e si toccava a stento il petto facendoci capire dove provava dolore. Era sotto le macerie, in ginocchio e non riusciva a muoversi. Mentre cercavamo di scavargli la terra intorno, lui continuava a chiedere aiuto e diceva “Sbrigatevi, sbrigatevi’, ma la sua voce diventava sempre più fioca. Quando poi è arrivata sua madre già non parlava più, ma continuava a fare su e giù con la mano, per farle capire che ancora era vivo».

«Quando si è spento», conclude commosso Di Giulio, «è stata la mamma a gridare “È morto, oddio è morto” e da lì abbiamo capito che non c’era più niente da fare. Così sono arrivati i pompieri e ci siamo allontanati».

«Tutta la famiglia Libertini è composta da grandi lavoratori», concludono, «è una tragedia grande». (m.t.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA