Liberazione tra carriole, gaffe e ritardi

Piazza IX Martiri, corona d’alloro del Comune fermata al posto di blocco dei militari

L’AQUILA. Pugni chiusi, «Bella Ciao» e bandiere rosse. Rose e lillà che soppiantano, almeno oggi, le macerie in carriola. Sassi che piombano, da un palazzo sfasciato, sull’auto della polizia. Ma pure gaffe e ritardi che si fanno notare, nel giorno della Liberazione. Così, nella città stranamente chiassosa, tra donne che corrono e cuochi da sagra che già alle 11 mettono su gli arrosticini, si rinnova l’omaggio ai «Nove Martiri giovinetti» massacrati alle Casermette. Il 23 settembre 1943.

CORONA, IL GIALLO. Non va tutto liscio, nel giorno della memoria di Anteo Alleva, Pio Bartolini, Francesco Colaiuda, Fernando Della Torre, Bernardino Di Mario, Bruno D’Inzillo, Carmine Mancini, Sante Marchetti, Giorgio Scimia, vittime della barbarie nazifascista. Avevano tra i 17 e i 21 anni. Nell’anno 1 dopo il terremoto, accade anche che nella piazzetta a loro dedicata, ripulita dal popolo delle carriole, vada in scena un omaggio istituzionale senza corona d’alloro. Ci sono i gonfaloni, Comune e Provincia. Alle 10 c’è il sindaco Massimo Cialente.

Assente il presidente della Provincia Antonio Del Corvo, che sta arrivando da Celano, davanti alla lapide c’è Stefania Pezzopane senza fascia: oggi è capo dell’opposizione. Ma la corona non si vede. Rapido giro di consultazioni. «Chi la doveva portare?». C’è pure fretta di cominciare. Di lì a mezz’ora c’è l’omaggio ai Caduti alla Villa, dove fa da padrone di casa il prefetto Franco Gabrielli. «Che facciamo? Cominciamo?». Grande imbarazzo tra i presenti, tra i quali alcuni vecchi partigiani. L’omaggio senza corona è una sosta silenziosa, naso all’insù, a quella lapide mezza scolorita. Dopo, come conferma Pezzopane, si apprende che la corona è rimasta ferma al posto di blocco dell’esercito di fronte al Massimo. «La fioraia dice di essersi attardata perché ha cercato di passare in macchina. Tutto si è svolto in pochi minuti.

Noi abbiamo aspettato fino a un certo punto. Poi abbiamo cominciato. Certo, l’imbarazzo c’è stato». Ritardo della fioraia, ritardo per far passare l’auto, città bloccata dalla corsa. Fatto sta che la corona d’alloro, quasi come la nave di Fantozzi, varata a parte, viene poggiata sul muro scrostato in un secondo momento.

TEGOLA SULLA POLIZIA. Proprio mentre il ridottissimo drappello sciama verso la villa, un botto fa rigirare tutti. Da uno dei palazzi danneggiati che s’affacciano sulla piazzetta, un pezzo di cornicione piomba sul parabrezza dell’auto della polizia. Nessun attacco estremista. Solo il segno del degrado e dell’abbandono degli immobili inagibili esposti al terremoto prima e alle intemperie dopo. Per fortuna non si fa male nessuno. I guai della zona rossa.

GABRIELLI: SIATE UNITI. Alla Villa l’omaggio ai caduti della patria. Alzabandiera, Fratelli d’Italia e la Canzone del Piave («Non passa lo straniero»). Cialente e Pezzopane trovano il prefetto Gabrielli. Con lui il presidente del consiglio regionale Nazario Pagano e l’assessore Angelo Di Paolo. Quando il drappello parte verso il monumento non c’è ancora Antonio Del Corvo che appare dopo. Tanto che è sempre la Pezzopane a stare al fianco del sindaco. La Curia dei due vescovi manda il vicario Alfredo Cantalini. Poi Gabrielli parla a braccio a una piccola folla, stringendo più volte il leggio nei momenti di commozione. «Questo 25 aprile così vicino alla data del 6 offre spunti paralleli.

Allora fu la fine di una tragedia, di una guerra civile e l’inizio di un’epoca nuova per un Paese che da quel giorno non conobbe più guerre fratricide grazie al sacrificio di chi diede la vita per un lungo periodo di pace. Il Paese risorse. Anche oggi viviamo la tragedia aquilana. Ma, uniti, la città potrà risorgere. Io sarò con voi, non da cittadino onorario, il che potrebbe creare un caso, ma adottivo sì».

FIORI E POESIE. Il ricordo dei Martiri rivive nelle parole di Alvaro Jovannitti. Poi spazio alla poesia. Leggono brani, tra gli altri, Elio Peretti, Bruno Sabatini, Maria Antonietta Pezzopane, Clara Di Stefano, Marilena Ferrone, Pietro Pelliccione, Maria Di Cola. Scompare, per scelta dei promotori, il cartello anti-Confalonieri, il vescovo d’allora tacciato di «silenzio». In piazza, gente al sole. E sempre più forte il fumo degli arrosticini.

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