Quando Tagliacozzo ospitò Giovanna d’Aragona 

Un po’ di storia della Marsica: sfidò il papa Paolo IV, resa celebre da un dipinto di Raffaello al Louvre

TAGLIACOZZO. Ai turisti che ogni anno visitano il Palazzo Ducale di Tagliacozzo non ci sarebbe migliore biglietto da visita di una copia, affissa all’ingresso, del ritratto di Giovanna d’Aragona, dipinto da Raffaello nel 1518, quando lei aveva appena 16 anni, su commissione del cardinale Bibbiena, e subito dopo donato al re di Francia, Francesco I, tuttora conservato al Louvre di Parigi. E insieme al ritratto un accenno al coraggio e allo spirito d’indipendenza di questa donna che le hanno posto contro non solo il papa, Paolo IV, ma anche la potente famiglia dei principi Colonna, della quale era entrata a far parte, sposando a 19 anni Ascanio. Ai Colonna apparteneva anche il Ducato di Tagliacozzo.
Il matrimonio con Ascanio ben presto entrò in crisi. Ad Ascanio, che era anche duca di Paliano (Frosinone), Giovanna rimproverava di essere un marito poco attento e un pessimo amministratore dei propri beni. Dopo la nascita del sesto figlio, Marcantonio, nel 1535, a 33 anni, lasciò il marito e si ritirò a vivere a Ischia. Il disaccordo con Ascanio non interferi però nell’amicizia con la cognata Vittoria Colonna che rimase sempre salda. Sia i Colonna che il papa tenteranno in tutti i modi di far tornare Giovanna sui propri passi. Ma senza successo. Neppure Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, che la incontrò personalmente, riuscì a convincerla. Non meno determinata fu nel difendere la propria autonomia e i propri principi contro il Papa, il quale aveva messo gli occhi sulle figlie di Giovanna e avrebbe voluto che sposassero i suoi nipoti. Ordinò così a Giovanna di non allontanarsi da Roma e le proibì tassativamente di combinare matrimoni per le figlie, pena la scomunica. L’aragonese, da donna scaltra e accorta qual era, escogitò un piano per uscire dalla difficile situazione in cui si trovava. Pensò di fuggire da Roma. Il giorno più propizio sarebbe stato Capodanno, quando tutti erano intenti a festeggiare. Nella notte tra il 31 dicembre 1535 e il primo gennaio 1536, insieme alle figlie, alla nuora e alla nipotina, tutte travestite da viandanti, lasciò il palazzo dove risiedeva e si avviò a piedi verso Termini, accompagnata da pochi servitori. Prima di partire aveva raccomandato alla dama di compagnia di dire agli eventuali visitatori che la duchessa non si sentiva bene. Dopo due giorni Giovanna e i suoi cari, sfiniti, giunsero a Tagliacozzo, nel proprio Palazzo. A Roma la notizia della fuga di Giovanna, se da una parte creò sconcerto, dall'altra fece crescere l’ammirazione e la stima per questa straordinaria donna. L’imperatore di Germania, Carlo V, per il quale parteggiavano i Colonna, le mandò in dono 2mila Ducati. A Tagliacozzo Giovanna rimase per oltre due anni. Tornò, osannata dalla popolazione, dopo la morte di Paolo IV. Tra i figli, quello con il quale aveva un particolare feeling, era Marcantonio, che aveva sempre preso le difese della madre nei rapporti burrascosi col padre. Marcantonio comandava la flotta che nel 1571, a Lepanto, inflisse una durissima sconfitta a Turchi. Filippo II, re di Spagna, lo nominò vicerè di Sicilia. Colto da una malattia improvvisa, morirà nel 1874, mentre si recava in Spagna, a 49 anni.
Di Giovanna d’Aragona, umanisti e poeti hanno cantato la straordinaria bellezza. Per citarne qualcuno: Annibal Caro, Gaspara Stampa, Bernardo Tasso, Pietro Aretino, Giovanni Alfonso Mantegna. Girolamo Ruscelli le dedicò una raccolta di circa 200 poesie intitolata “Il Tempio della divina signora donna Giovanna d’Aragona”. Il filosofo Agostino Nifo scrisse per lei il “De Amore”, indicandola come esempio di perfezione. Giovanna morì a Roma l’11 settembre 1575 e fu sepolta a Paliano.