Tempera, dove regna l’incertezza

I residenti: si smantella la tendopoli ma le case ancora non ci sono.

TEMPERA. Rosanna Scimia è una ragazza decisa, che parla con moderazione, che conosce i problemi, si confronta ogni giorno con i suoi compaesani e cerca di risolvere nei limiti del possibile le tante emergenze di gente terremotata e con un futuro incerto. E’ la presidente dell’associazione Tempera Onlus. L’ho incontrata ieri mattina nella casa dove è ospite il parroco di Tempera don Giovanni Gatto che il sei aprile si è salvato dalle macerie grazie al suo cane. La vicenda del cane che salva il Gatto ha fatto il giro d’Italia. Ma oggi non è più tempo di raccontare le storie della malanotte e magari sorriderci anche su. Don Giovanni nel fine settimana si carica sulle spalle lo zaino e il tabernacolo e va nelle tendopoli allestite intorno al paese per celebrare le Messe.

Dal primo ottobre però non avrà più un posto dove celebrare (e probabilmente nemmeno un posto dove dormire). La chiesa parrocchiale è stata ridotta in frantumi dal sisma e di edifici provvisori per ora non se ne vedono anche se offerte e ipotesi ci sono state e ci sono. Don Giovanni vorrebbe che il vescovo Molinari fosse un po’ più vicino a lui e alla sua gente ma si rende conto che la tragedia del terremoto ha creato tanti disagi a tutti i sacerdoti della diocesi e non è facile far fronte a una catastrofe tanto grande. L’incertezza del parroco è oggi la stessa di altre centinaia di persone di Tempera. Ero stato a Tempera circa un mese dopo il sisma. E’ uno dei paesi con il centro storico cancellato. Quella notte sotto le macerie morirono otto persone, altre decine si salvarono perché dopo la prima scossa (quella delle 11) non fidandosi dei «rassicuratori» (come invece ho fatto io) andarono a dormire in macchina.

Il cuore del paese oggi è come cinque mesi fa: zona rossa invalicabile. E, mi dice Rosanna Scimia, c’è il rischio che non tutto potrà essere ricostruito nel luogo dov’era il 5 aprile. Secondo i geologi il sottosuolo presenta cavità e caratteristiche che sconsigliano di tornare a edificare negli stessi posti dove si sono verificati i crolli. Ma questo si vedrà fra qualche mese. Oggi ci sono le emergenze. Rosanna le elenca con chiarezza. La prima questione riguarda lo smantellamento delle tendopoli: il 30 settembre centinaia di persone avranno bisogno di un alloggio che per adesso non c’è. O meglio non c’è a Tempera dove tutti vogliono, giustamente, restare. Gli alloggi del piano Case che sono in corso di realizzazione, per quella data, non saranno ancora pronti.

E tra l’altro non c’è ancora la certezza che saranno i temperesi ad andarci ad abitare. Infatti una delle parole che sta prendendo piede in questi giorni è «territorialità» come parametro per l’assegnazione delle abitazioni. La solita cosa un po’ complicata per un concetto invece molto semplice: gli abitanti delle frazioni vogliono restare nei loro paesi. Intanto in attesa del «Case» molti potrebbero essere mandati in alberghi lontani con tutti i problemi che questo crea. Ma non solo. Il progetto Case non prevederebbe alloggi per persone singole. Quindi se gli abitanti di Tempera andranno (come chiedono con forza) negli edifici del piano Case ci saranno una quarantina di famiglie (single e coppie molte delle quali di anziani) che invece dovranno attendere i Map (altra parola difficile che sta per casette di legno).

I 40 Map (tra l’altro c’è ancora da individuare le aree) non saranno pronti prima di fine novembre se tutto va bene. E fino ad allora la soluzione restano sempre gli alberghi a chilometri di distanza. Qualcuno ha suggerito di insediare, magari lì dove c’era la tendopoli, roulotte, camper o container giusto per due o tre mesi. Ma su questo ci sarà da discutere. Rosanna Scimia poi non dimentica un aspetto che invece spesso viene ignorato: le comunità non hanno solo bisogno di case ma anche di luoghi dove ritrovarsi. E’ per questo che la Tempera Onlus chiede sostegni per realizzare un centro polifunzionale con biblioteca, ludoteca e centro anziani. Poi ci sono questioni che potrebbero essere risolte subito, come la messa in sicurezza di via Croce il che consentirebbe di raggiungere più facilmente alcune case agibili. Rosanna è consapevole che c’è da lottare. «Ma noi siamo qui e non molliamo» dice «lo dobbiamo alla nostra gente e a quelli che verranno dopo di noi».