Un delitto ancora senza un perché I giudici: «Una strage immotivata»
L’AQUILA. «Un giovane uomo ambizioso che lavorava sodo». Con queste parole, il giudice Paul Ferrer, del tribunale di Birmingham, ha valicato i confini di una sofferenza ristretta all’ambito di chi...
L’AQUILA. «Un giovane uomo ambizioso che lavorava sodo». Con queste parole, il giudice Paul Ferrer, del tribunale di Birmingham, ha valicato i confini di una sofferenza ristretta all’ambito di chi conosceva, e amava, Francesco, sottolineando la gravità di una perdita che in realtà colpiva un’intera comunità, e, in quanto tale, meritevole di una pena esemplare a carico del suo carnefice, per quanto affetto da una forma di schizofrenia paranoide al momento dell’omicidio.
Erano circa le sei di mattina del 18 novembre 2014 e Francesco dormiva nel suo letto dopo una giornata di lavoro al casinò, dove si stava facendo apprezzare da colleghi e superiori. All’improvviso, l’irruzione in stanza del coinquilino, Alberto Casiroli, che gli si avventa contro con un coltello, determinato a farlo fuori, senza un perché. Francesco ebbe solo il tempo di destarsi dal sonno, capire di essere in serio pericolo di vita e provare a sottrarsi a quell’aggressione cercando di mettersi in salvo, senza riuscirci. Gli agenti poi intervenuti sul posto lo troveranno riverso dietro la porta d’ingresso di quell’appartamento al civico 18 di Daley Close, Ladywood, Birmingham, dove era stato infine raggiunto dal suo aguzzino. Lungo le scale e le pareti, i segni del suo disperato tentativo di fuga, nonostante i primi colpi già ricevuti. Alla fine saranno 16 in tutto le coltellate inferte da Casiroli, che dopo l’omicidio vagabondò per qualche ora senza una meta, prima di essere individuato e arrestato. Si è accanito sulla vittima «con il coltello, in circostanze in cui era disarmato e impossibilitato a difendersi. Senza ombra di dubbio si è trattato di un attacco ripetuto e frenetico con un’arma mortale», ha aggiunto Ferrer in sede di processo, prima di pronunciare una sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti dell’imputato – all’epoca dei fatti cuoco in un pub di Birmingham – a cui è stata concessa la possibilità di richiedere la libertà condizionata non prima di sei anni trascorsi interamente in carcere.
Sempre in aula, il procuratore Adrian Keeling, che ha rappresentato l’accusa, ha affermato che «si è trattato, in ogni caso, di una strage immotivata e crudelmente violenta di un uomo del tutto innocente che aveva tutta la vita davanti a sé. Il giovane ucciso era venuto dall’Aquila in questo Paese per formarsi e lavorare come croupier in un casinò di China town, a Birmingham».
«Le sue prospettive di vita e lavorative erano buone», ha aggiunto, «e non c’era nessun motivo ragionevole, a parte il suo stato di salute, perché l’imputato lo uccidesse in quella maniera frenetica e non provocata». (t.d.b.)
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