La manager: «Tanti sacrifici, ma il lavoro è la mia passione»

Parla Lisa Aurelia Mucci, l'amministratrice delle Cantine Mucci di Torino di Sangro

TORINO DI SANGRO. «Non ero un “maschiaccio” che correva tra le vigne. Ero una bambina responsabile e innamorata della terra che passava ogni momento libero dalla scuola nei vigneti. E più che scorrazzare andavo sul trattore, che guidavo io già a 11 anni. Era lavoro ed era gioco. Per me e per mio fratello, senza differenze maschio-femmina, come tra i miei genitori e prima tra i miei nonni, esempi di vita e operosità senza discriminazioni». Ci tiene Lisa Aurelia Mucci, delle Cantine Mucci di Torino di Sangro, 44 anni, a dire che differenze di genere nella sua carriera che l’ha portata ai vertici dell’azienda di famiglia, non ne ha sofferte.

Sin da piccola “sapeva” che sarebbe stata una manager?

«Ho studiato all'istituto agrario di Scerni ed ero l’unica ragazza in classe tra 26 ragazzi e io e mi sono trovata benissimo, anzi lo consiglierei a una ragazza. Da bambina non ho mai avuto una Barbie, preferivo il trattore. Per me e mio fratello Valentino era un gioco stare alla vigna. Negli anni ’80 tornavamo il sabato da scuola e papà ci aspettava per l’imbottigliamento. Ma già prima, avrò avuto 7/8 anni, andavo a vendemmiare, una festa, e poi controllavo il tabacco, i pomodori. Giocavo, ma venivo responsabilizzata. Ora lo so. Il “gioco” è diventato il mio lavoro quando a 21 anni entrai in società con mio fratello di 19. A papà dicevo che era un incosciente, oggi dico che era lungimirante».

Ha aderito all’associazione Donne del Vino, perché?

«Premetto che non penso che noi donne dobbiamo dimostrare qualcosa agli uomini, ma mi interessava l’idea di far conoscere che anche nel mondo del vino ci sono donne, anche donne di generazioni precedenti alla nostra, importanti anzi fondamentali. È bene farci conoscere, ma non per entrare in competizione, solo per dire che ci siamo e siamo valide».

Come sono i suoi rapporti sul lavoro?

«Si ritrovano davanti una donna con un ruolo decisionale e a volte sono sorpresi, quasi imbarazzati. Perché il mondo del vino è stato maschile, ma abbiamo fatto tante conquiste, anche nel marketing ci sono sempre più donne. La mia exsport manager è una donna, musulmana. Ora è in Giappone per noi. 10 anni fa era impensabile. Forse quando ero più giovane venivo presa meno in considerazione rispetto a mio fratello, ma è passato».

Lavora molto?

«Dalle 10 alle 12 ore al giorno ora, da giovane di più compresi i fine settimana».

E questo ha comportato sacrifici nella vita personale?

«Sì, certo. Io e mio fratello abbiamo avuto poca spensieratezza da ragazzi. Lavoravamo fino a tardi e non si usciva molto. Non sono sposata, non ho figli. Non è tutto oro quello che luccica, c’è voluto tanto lavoro per arrivare dove siamo oggi. E poi sa, non è facile trovare un uomo che accetti una donna sempre impegnata, se vuole una famiglia come si fa?».

Rimpianti?

«Sono contenta anche così, non mi pento. E comunque con i figli sarei stata poco apprensiva e chioccia, come i miei genitori, che ci hanno cresciuti liberi e responsabili».

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