Alla Mensa di San Francesco anche 50 famiglie pescaresi

In aumento il numero dei nuovi poveri che chiede assistenza ai frati e ai volontari Paesano: sono persone che hanno perso il lavoro e che non riescono a sfamare i propri figli

PESCARA. Alla Mensa San Francesco chi bussa per avere da mangiare è sempre accontentato e accanto al pane raccoglie una parola di conforto. Si chiama carità francescana ed è condita con una grande dose di cuore che Riccardo Paesano, i frati conventuali e gli oltre 40 volontari dispensano ad ogni assistito. È così da venticinque anni.

Già, sono passati venticinque anni da quando Renato e gli altri andarono per la prima volta a prelevare tutti i poveri della stazione, alla vigilia di Natale. Li portarono nella mensa di viale Regina Margherita, gli diedero un pasto e fu subito festa. Molti piansero di gioia, perché in un piatto non avevano mai mangiato. Era il 1987, e la mensa si istituzionalizzava, fu la prima in Abruzzo.

Nelle parole del signor Renato, nel suo racconto di 25 anni di assistenza, la voce si rompe ogni tanto, soprattutto quando si parla dei bambini.  Qualcuno interrompe questa chiacchierata di racconti: vuole da mangiare. La mensa, in questi giorni, è in ristrutturazione. Ma Renato quello che ha in dispensa glielo dona e così quegli utenti abituali vanno via contenti. «Tante cose sono cambiate dal 1987 ad oggi», dice Renato mentre sfoglia gli articoli di giornale dell'epoca, racchiusi in un contenitore di foderine plastificate, «ma il cambiamento più radicale riguarda la gente che viene qui».

Una volta erano famiglie straniere soltanto. Sfortunate, immigrate, sole e in un posto sconosciuto. Ora ci sono i nuovi poveri. Sono le famiglie del posto, spesso pescaresi. Quelli che non lavorano, quelli che non hanno di che sfamare i propri figli. Che magari una casa ce l'hanno e così prendono il pranzo da asporto.

Sono circa 50 nuclei familiari, che si aggiungono all'utenza che stabilmente si reca a pranzo alla Mensa San Francesco, un centinaio di persone circa. Tutti si mettono all'ingresso, prendono il numeretto e aspettano il proprio turno. «I nostri assistiti a vederli per strada magari incutono timore», dice Renato, «ma poi, a parlare con loro, emergono storie impressionanti. Sono brave persone».

Non ci vanno solo gli stranieri a mensa. Ci va anche chi magari la povertà l'ha tristemente assaporata da poco, professionisti, ex dirigenti, funzionari. A mensa si imparano storie.  «Una volta venne un signore che era stato messo fuori di casa perché reso dipendente dal gioco d'azzardo», racconta il coordinatore della mensa, «aveva una straordinaria voglia di ricominciare, rimase con noi un paio di mesi e poi intraprese un percorso di recupero. Tornò a trovarmi dopo un po’ di tempo: ce l'aveva fatta, era tornato a casa e aveva ricominciato una vita nuova». La mensa serve i suoi assistiti a pranzo, il pasto è pronto alle 12. La temporanea chiusura per la ristrutturazione terminerà a fine mese, ma nel frattempo un pranzo al sacco non si nega a nessuno. Sono 40 i volontari che si occupano delle persone in difficoltà. Tra loro, ex presidi, medici, giovanissimi e chiunque voglia dare una mano per sfamare i poveri. San Francesco è collegata con tutte le reti cittadine di assistenza, si serve del banco alimentare e di tutte le risorse che i frati francescani della parrocchia di Sant'Antonio hanno da donare. Il 24 dicembre, poi, è grande festa. La mensa resta aperta tutto il giorno, i volontari trascorrono il Natale con gli amici della strada che vengono a mangiare. Un ambiente familiare, almeno per un giorno  per chi vive costantemente sotto lo sguardo estraneo dei passanti. 

Paola M.S. Toro

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