Caffè Venezia, debiti per tre milioni di euro

Il tribunale del riesame riconsegna i locali ai titolari, la procura fa ricorso in Cassazione

PESCARA. Il Caffè Venezia non ha più i sigilli ed è tornato, in seguito alla decisione del tribunale del Riesame, nelle mani dei titolari. Ma per la procura quel provvedimento di dissequestro è errato e stamattina depositerà il ricorso in Cassazione. Il procuratore capo Nicola Trifuoggi e il pm Gennaro Varone, titolari dell'inchiesta che conta sette indagati per riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ricorrono ai giudici di legittimità per verificare la corretta applicazione delle norme di diritto nella decisione presa dal giudice Antonella Di Carlo che, con una sentenza di 13 pagine, ha restituito i locali ai titolari, ai fratelli Pasquale e Michele Sebastiano Granatiero. Ci sono troppi elementi per la procura che dispose il sequestro dei locali in via Regina Margherita e via Venezia il 12 settembre, che non sono stati presi in considerazione dal collegio che ha disposto il dissequestro e su cui, adesso, l'accusa chiede un controllo alla Cassazione. In questo periodo, i locali dei Granatiero - due dei sette indagati nell'inchiesta - sono stati gestiti dall'amministratore giudiziario Saverio Mancinelli che, tra trenta giorni, dovrà depositare un rendiconto della gestione dei Caffè, ma anche del panificio Piglia la Puglia di via Venezia e del locale Piano Terra in corso Manthoné. Ma i locali potranno continuare a sopravvivere? L'accusa, fin dall'inizio dell'inchiesta, è stata titubante sulla condizione dei locali, la cui situazione finanziaria non è rosea. Secondo gli investigatori ci sarebbe una falla di circa 3 milioni di euro: debiti nei confronti delle banche e dei fornitori, mutui e tasse da pagare, sostanziose bollette di gas e luce arretrate tra cui una da 120 mila euro. Lo stato di «insolvenza» è stato documentato e, adesso, spetterà al pm procedere alla procedura fallimentare per i locali della famiglia di origine pugliese arrivata a Pescara nel 2002 e che, in breve tempo, ha aperto tante attività. I bar e i caffè sono locali molto grandi, si trovano in posizioni centrali e strategiche della città e danno lavoro a un'ottantina di dipendenti. Quando i caffè sono stati sequestrati all'alba del 12 settembre nel corso di un'operazione congiunta condotta dalla Guardia di finanza diretta da Mauro Odorisio e dalla Squadra Mobile guidata da Pierfrancesco Muriana, sono stati apposti i sigilli ai Caffè che, però, dopo due giorni hanno ripreso a lavorare: è stata premura, infatti, sia della procura sia degli investigatori lasciare aperti i locali, affidarli a un amministratore giudiziario per poter preservare i posti di lavoro. Ma quei debiti così sostanziosi, adesso, verranno valutati dai pm che decideranno se le attività possono continuare a resistere oppure se vanno incontro a un fallimento.

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