Concorso per vigili annullato Masci: «Pronti a fare ricorso» 

Il Comune farà appello al Consiglio di Stato contro il Tar che obbliga l’ente a ripetere gli esami «Siamo convinti di aver rispettato le regole, ma la procedura scelta è della passata amministrazione»

PESCARA. L’amministrazione comunale si prepara a una battaglia legale contro la decisione del Tar che ha annullato il concorso per l’assunzione di 45 nuovi vigili urbani. Lo ha annunciato ieri il sindaco Carlo Masci. «Faremo sicuramente il ricorso al Consiglio di Stato», ha detto, «perché mi dicono gli uffici comunali che c’è un orientamento del Consiglio di Stato che è diverso rispetto a quello del Tar. Però questo lo sta verificando puntualmente l’Avvocatura. Poi decideremo cosa fare. Fermo restando le che procedure sono state adottate da una società esterna al Comune, la stessa utilizzata dal ministero per i concorsi e che questo concorso era stato deciso dalla precedente amministrazione».
Nel frattempo, le assunzioni di nuovi vigili restano bloccate. Ne erano previste 15 entro aprile e altre 30 entro la fine di quest’anno utilizzando la graduatoria dei vincitori del concorso. Ma l’ordinanza emessa dal Tar martedì scorso è categorica. Ha dato ragione a nove candidati, difesi dagli avvocati Cesidio Buccilli e Marcello Angelo Di Iorio, che hanno presentato ricorso per contestare procedure, a loro dire, irregolari.
E così i giudici hanno annullato tutti gli esami del concorso. «Il tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara», si legge nell’ordinanza, «accoglie l’istanza cautelare e, per effetto, sospende l’efficacia della prova scritta e di tutte le fasi concorsuali a valle, e dispone l’obbligo dell’amministrazione di ripetere la prova scritta in questione, con una commissione in diversa composizione da estrarre a sorte fra tutto il personale con adeguata qualifica presente nel Comune, utilizzando poi le cautele per prevenire il riconoscimento degli elaborati».
Il punto contestato dai nove candidati esclusi, su cui il Tar si è soffermato dando ragione ai ricorrenti, è proprio la violazione dell’anonimato dei partecipanti al concorso da parte della commissione esaminatrice. «Nel caso di specie», si legge ancora nell’ordinanza, «ciascun compito è stato contrassegnato durante la prova per mezzo di un codice numerico di massimo quattro cifre riportato sotto ciascun codice a barre (della cui apposizione sui fogli prima delle prove sono stati incaricati i candidati stessi) e quindi facilmente memorizzabile da ciascun commissario o candidato».
«In tal modo», proseguono i giudici, «è come se fosse stato scritto il nome e il cognome del candidato su ciascun compito (o comunque se si fosse consentito di apporvi un segno di riconoscimento chiaro e univoco), atteso che tale abbinamento poteva essere rilevato e memorizzato direttamente dai commissari passando tra i banchi durante la prova o, in modo illecito, a seguito di comunicazione successiva da parte dei candidati».
«Peraltro», sottolinea il Tar, «le ragioni addotte dall’amministrazione, circa la necessità di usare un codice numerico sotto il codice a barre, per il caso di malfunzionamenti da parte del sistema informatico di abbinamento, appare del tutto irragionevole. Tale Pericolo, appare ancora più caratterizzato essendo presenti alcuni candidati interni».
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