PESCARA

Detenuto si uccide, divampa la rivolta in carcere

Per un 41enne di Avezzano non c'è stato nulla da fare, gli altri non rientrano in cella, qualcuno sale sul tetto. Mobilitate le forze dell'ordine, dopo tre ore torna la calma. Venerdì scorso un altro episodio, la denuncia del sindacato

PESCARA. Detenuti in rivolta nel carcere di Pescara. Tutto è iniziato quando all'interno della struttura si è saputo che un detenuto 41enne di Avezzano si è tolto la vita, nel pomeriggio, impiccandosi all'interno del carcere. Lanciato l'allarme, è subito intervenuto il medico della struttura, che ha iniziato le manovre rianimatorie, poi proseguite dal personale del 118, arrivato nel giro di pochi minuti. Per l'uomo, però, non c'è stato niente da fare.

In seguito all'episodio, alcuni detenuti, come forma di protesta, non sono rientrati in cella. Qualcuno è salito sul tetto. In via precauzionale, a supporto della polizia penitenziaria, nell'area del carcere sono arrivati polizia e carabinieri. La protesta è rientrata dopo circa tre ore. Ma la tensione resta alta.

Nella struttura, già da giorni, c'era agitazione dopo che un 40enne di origine marocchina si era dato fuoco per protesta. L'uomo alla fine è stato dall'intervento tempestivo delle guardie.

Il segretario regionale del Sappe, Giuseppe Ninu, dopo la vicenda odierna torna a denunciare le «criticità del carcere di Pescara, le condizioni dei detenuti e la carenza di personale. Sentiamo tante parole - dice - ma mancano soluzioni concrete. Quel carcere è diventato l'ospedale psichiatrico di una volta. C'è una forte concentrazione di detenuti con problemi mentali, cosa possiamo aspettarci? Manca personale sanitario specializzato per far fronte a detenuti di questo tipo. Ho scritto a 360 gradi, ho coinvolto anche l'assessore alla sanità, ho parlato con tutti i vertici dell'amministrazione e della città di Pescara. Tutti scrivono, assistiamo a tante chiacchiere, ma nessuno fa niente. È necessario intervenire», conclude.