Giulia Rubini: «Io e Totò, che spasso sul set della banda degli onesti»

L'attrice pescarese, oggi 82enne, racconta il suo primo incontro con il principe De Curtis, scomparso il 15 aprile 1967: «Ero intimorita dal suo sguardo penetrante, mi diede l'impressione di una persona severa. Ma in scena era fantastico»

PESCARA. «Al mio primo incontro con Totò ero intimorita dal suo sguardo penetrante, mi diede l'impressione di una persona autorevole, severa. Ma in scena lui era fantastico, un personaggio affascinante, che ci faceva morire dal ridere con le battute che cambiava all'ultimo momento».

Giulia Rubini, 82 anni il prossimo 2 giugno, attrice pescarese residente nella capitale, aveva vent’anni quando incontrò per la prima volta il principe Antonio De Curtis a Roma. Era il 1955 ed era stata chiamata a interpretare il film "La banda degli onesti", con Totò e Peppino De Filippo, girato quasi interamente a Cinecittà e uscito nelle sale nel 1956 per la regia di Camillo Mastrocinque e la sceneggiatura di Age e Scarpelli. A comporre le musiche del film un altro grande pescarese: Alessandro Cicognini. Clicca qui per vedere il film.

Lei era una giovanissima attrice: tre anni prima aveva esordito nel film "Terza liceo" per la regia di Luciano Emmer, che l'aveva scoperta. E nella "Banda degli onesti" interpretò il ruolo di Marcella, figlia del tipografo Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) che si innamora di Michele (Gabriele Tinti), il figlio finanziere di Antonio Bonocore, portiere del condominio, il personaggio di Totò. Giulia Rubini, che ha girato con Comencini, Orson Wells, Fernandel, Alberto Sordi, Antonella Lualdi, Franca Valeri, tornerà nella sua città natale, Pescara, il prossimo 19 maggio al teatro Flaiano, in occasione dell'evento "Totò, Flaiano e gli abruzzesi", organizzato da Silvano Console per celebrare i 50 anni dalla scomparsa dello scugnizzo del rione Sanità avvenuta il 15 aprile 1967.

Signora Rubini, ci racconta come avvenne l'incontro con Totò?

Ero molto emozionata, avevo solo venti anni. Fui convocata in un ufficio per essere presentata a Totò e ai produttori del film. Mi diede subito l'impressione di una persona severa, autorevole, imponente, di poche parole e altrettanti pochi sorrisi. Ero intimorita dal suo sguardo penetrante, attento, vigile. Lui capì che ero emozionata, quasi impietrita. Mi fece tante domande e poi mi disse: "Questo non è un grande ruolo, ma tu e Gabriele sembrate una bella coppia".

Com'era l'atmosfera sul set insieme a Totò?

Era allegra, un continuo scoppiare dal ridere. Una volta le mie colleghe e io siamo state sgridate da Totò perché con le nostre risate dietro le quinte infastidimmo un ciak. Ma lui era irresistibile quando recitava, cambiava le battute all'ultimo momento, era impossibile tenerci dentro le emozioni. Noi lo amavamo perché in scena era fantastico, ma quando le luci dei riflettori si spegnevano lui preferiva restare da solo, non mangiava neppure mai con il resto della troupe. Se ne stava sempre in disparte, non dava confidenza a nessuno, era un po’ crepuscolare. Mi suggerivano le battute, ma lui non è mai intervenuto per darmi consigli. Non parlava mai neppure della sua vita privata.

Perché girò solo un film con Totò?

In realtà avrei voluto girarne altri, ero affascinata da lui, ma Totò preferiva ben altro tipo di attrici, alla Dorian Gray, per intenderci. Io non mi sono mai sentita tanto bella, ma sono stata fortunata. Avrei voluto fare la psicologa, ho lavorato tanto in Italia e all'estero come attrice. Ma poi mi sono sposata a 21 anni con un generale dell'Esercito, Oliviero Crabai, di origine sarda, e nel 1971 ho lasciato definitivamente il cinema con la nascita della mia seconda figlia, Annarita, arrivata qualche anno dopo Piero. L'ultimo film nel 1968, il western "Uno straniero a Paso Bravo" per la regia di Salvatore Rosso.

Come è cominciata la sua carriera cinematografica?

Mio zio Pasquale De Antonis aveva uno studio fotografico in piazza di Spagna. Io abitavo in piazzale Clodio con papà, Alfredo Rubini, teramano e mamma, Virginia Minguet, di origini francesi. All'epoca, era il 1952, cominciavano a circolare le prime foto a colori e mio zio voleva sperimentare questo tipo di immagini. Così chiese a mio padre se poteva farmi qualche scatto. Le foto furono affisse in vetrina e, passando, le vide il regista Luciano Emmer che mi volle fare un provino per "Terza Liceo". Io avevo 17 anni e andavo alle magistrali dalle suore. Mio padre dapprima si oppose: "Devi finire gli studi", poi acconsentì anche grazie alla spinta di mamma.

Dove abitate a Pescara e perché siete andati via?

In via Palermo, in una palazzina bianca dalla quale si vedeva il mare. Mio padre, cancelliere capo al tribunale di Pescara, conobbe mamma grazie al padre di lei, capostazione delle Ferrovie. Papà in seguito fece carriera e ci trasferimmo a Roma, avevo 4 anni.

Torna spesso a Pescara?

Sì, tutti gli anni. L'ultima volta l'estate scorsa, ho amici, parenti e cugini. Adoro la città, passeggio per il corso e sul Ponte del mare, faccio cenette di pesce. E ho comprato casa a Pescocostanzo per andare a sciare.

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