Il pm: Caffè Venezia, flussi di denaro ignoti

Ecco perché la procura ha chiesto al tribunale il fallimento della società dei Granatiero

PESCARA. «Il gruppo Granatiero ha sistematicamente, per anni, immesso nel circuito economico - che sosteneva la vita delle sue aziende - ingenti somme di denaro di provenienza sconosciuta, non riconducibili ad alcun rapporto societario o individuale noto».

Con una frase, parente stretta di un capo d'imputazione ancora da scrivere, la procura appone il sigillo sull'accusa di riciclaggio e giustifica la richiesta di fallimento presentata al tribunale per le 4 società che gravitano attorno alla famiglia pugliese. Aziende oberate da un debito - verso fornitori, istituti previdenziali e Agenzia delle entrate - di oltre 6 milioni, la maggior parte dei quali riconducibili alla srl Caffè Venezia. Secondo il pm Gennaro Varone, a quest'ultima società la Silvia srl - pure dei Granatiero - riversa tutti i suoi incassi grazie a un giro di false fatturazioni.

In pratica, spiega il pm, la Caffè Venezia srl esegue prestazioni verso la Silvia srl, che paga in contanti. Si legge sulla domanda di dichiarazione di crac: «Nella Caffè Venezia srl, accanto al conto cassa, ritroviamo il conto "crediti diversi", che consente di movimentare il conto cassa in entrata o in uscita, per causali e finalità non dichiarate e, dunque, non note. Il denaro della Silvia srl defluisce verso Caffè Venezia srl e dalla casse di quest'ultima viene prelevato con movimentazione del conto cassa e del corrispondente conto crediti diversi».

In altri termini, è la tesi della procura dopo le indagini della finanza diretta da Mauro Odorisio, tutto il "nero" - cioè il denaro di cui non si conosce la provenienza, e quello prelevato, del quale non si conosce la destinazione - è gestito attraverso il conto "crediti diversi", che fornisce giustificazione contabile sia alle entrate del "conto cassa", le quali non trovano rispondenza in operazioni commerciali, sia alle uscite, che non trovano spiegazione nei documenti contabili.

Il conto crediti diversi viene definito dall'accusa «l'entità economica madre», cioè «la posta contabile utilizzata, in definitiva, per l'impiego e l'occultamento del denaro di provenienza delittuosa». E l'entità dei debiti, 4,5 milioni circa di 1,5 milioni per mutui contratti, fa a pugni con gli incassi, secondo Varone: «E' sufficiente considerare i ricavi, quali certificati dall'amministratore giudiziario, e confrontarli con gli introiti accertati fino al momento delle perquisizioni», cioè lo scorso settembre, «per avere contezza del fatto che le società del gruppo Granatiero non hanno mai remunerato, con i ricavi, i costi della propria attività». La ricostruzione dei movimenti finanziari del Caffè Venezia è sufficiente, per il pm, per sollecitare la dichiarazione di fallimento per le società dei Granatiero che raccolgono i locali di via Venezia e piazza Salotto, il panificio Piglia la Puglia in via Venezia e il pub Piano Terra in corso Manthonè.
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