Morosini, il medico del Livorno: mai gestito i soccorsi

Pm e Digos ascoltano il dottore e i due fisioterapisti del Livorno per tre ore e mezza

PESCARA. Tre ore e mezza per raccontare, negli uffici della Digos, la tragedia di Piermario Morosini vissuta dal suo punto di vista, e soprattutto per dire: «I soccorsi in campo non li ho gestiti io». È con il medico del Livorno Manlio Porcellini (nella foto sotto) che la Procura chiude il cerchio delle testimonianze per capire se la morte del centrocampista poteva essere evitata.

Ieri il dottor Porcellini, insieme con i fisioterapisti della squadra toscana Giacomo Bolognesi (che ha accompagnato Morosini in ospedale sull'ambulanza del 118 con i medici Molfese e Paloscia) e Gianni Scappini (in campo al momento della tragedia), è entrato come persona informata dei fatti negli uffici della Digos alle 11.30, per uscirne poco dopo le 15 quando anche il pm Valentina D'Agostino e il medico legale Cristian D'Ovidio (che ha eseguito l'autopsia su Morosini) hanno lasciato la Questura.

HO PROVATO A SALVARLO.
Davanti agli inquirenti il medico che sabato 14 aprile, insieme alla squadra, aveva lasciato in lacrime il pronto soccorso mormorando «c'ho provato a salvarlo, c'ho provato», ha ricostruito nei dettagli cos'ha fatto mentre Morosini si accasciava in campo al 31' della partita Pescara-Livorno.

È la testimonianza di un uomo emotivamente molto provato che, come confermano le immagini trasmesse quel giorno in diretta tv, si precipita a soccorrere il centrocampista di 25 anni quando l'arbitro non ha ancora fermato il gioco. Al pm D'Agostino e alla dirigente della Digos Di Giulio (supportate dal medico legale nella ricostruzione della fase di primo soccorso) il medico spiega che, pur essendo la panchina del Livorno sulla metà sud del campo, lui si trovava in prossimità di quella del Pescara in quanto aveva appena soccorso in campo Berlinghieri, proprio nella metà nord dove di lì a poco si è accasciato Morosini. Per questo il medico del Livorno, che sta tornando verso la sua panchina fa presto ad arrivare laddove il calciatore Schiattarella si sbraccia a indicare che Morosini è appena crollato in campo dopo aver provato a rialzarsi per due volte. Porcellini, questo il suo racconto, si precipita sul ragazzo seguito a ruota dal massaggiatore del Pescara Claudio D'Arcangelo. Il medico tasta subito il polso al ragazzo, la bocca è serrata, gliela apre e intanto, mentre su Morosini arrivano anche il medico del Pescara Ernesto Sabatini e tutti gli altri, inizia ventilazione e massaggio cardiaco.

È ARRIVATO IL 118.
È solo in questi primi momenti, sottolinea il medico, mentre l'ambulanza del 118 è bloccata da una macchina dei vigili urbani e mentre il direttore dell'unità coronarica Leonardo Paloscia sta correndo dalla tribuna al campo, che Porcellini dice di essersi occupato del primo soccorso. Il medico, in sostanza, nega di aver gestito l'intervento e, quindi, anche eventuali responsabilità sul mancato uso del defibrillatore.

Una responsabilità che, seppur indirettamente, gli era stata attribuita da altri testimoni, primo fra tutti l'infermiere della Misericordia che agli investigatori ha riferito di aver detto per due volte ai soccorritori che c'era un defibrillatore pronto per l'uso, sottolineando però che il leader dell'intervento era il medico del Livorno (in quanto il primo e il più alto in grado sul posto) e che l'apparecchio salvavita non è stato usato.

DEFIBRILLATORI.
È per accertare questo che la Procura ha chiesto la consulenza di un tecnico sui due defibrillatori nelle disponibilità dei soccorritori quel giorno: quello portato in campo da un volontario della Croce Rossa e quello sull'ambulanza del 118. Per quanto riguarda quest'ultimo, la perizia ha stabilito che non è stato nè acceso, nè usato. Per il defibrillatore sul campo invece, l'analisi non è ancora conclusa ma è già emerso che l'apparecchio non ha registrato alcun audio: dunque, di fatto, non è stato mai acceso.

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