Naiadi, bancarotta da 7 milioni Condannati Serraiocco e altri due

Pena di quattro anni e mezzo per il commercialista con ambizioni politiche: distratti i fondi regionali Tre anni per Di Bartolomeo e Colaneri, assolto il socio D’Orazio. Accolte le richieste della Procura
PESCARA. Tre condanne e una assoluzione. Si chiude così il processo per la bancarotta fraudolenta della società Progetto Sport che gestiva lo storico impianto sportivo delle Naiadi. Una sentenza che ricalca quasi per intero le richieste avanzate dal pubblico ministero Andrea Papalia nell’ultima udienza dell’aprile scorso: la pena più alta, 4 anni e mezzo di reclusione è stata inflitta al commercialista con ambizioni politiche, Vincenzo Serraiocco (il pm aveva chiesto 5 anni e 10 mesi) e a seguire tre anni ciascuno, come voleva l’accusa, per l’amministratore Livio Di Bartolomeo (difeso da Marco Femminella) e il finanziere Paolo Colaneri (assistito da Alessandro Perrucci); assoluzione, così come chiesto dalla procura, per il socio Daniele D’Orazio (difeso da Roberto Serino). La difesa di Serraiocco (gli avvocati Eleuterio Simonelli e Ugo Milia) aveva chiesto l’assoluzione per il proprio assistito, ma il collegio non ha condiviso la tesi difensiva.
I tre sono stati ritenuti colpevoli per sei dei sette capi di imputazione e solo per uno di questi «limitatamente alla distrazione della cassa contante per la somma di 125mila euro», come scrivono i giudici nel dispositivo di sentenza: quindi, per il collegio, esistono responsabilità per tutte le condotte evidenziate nel capo di imputazione in relazione ad un passivo di circa 7 milioni di euro. Prima fra tutte quella distrazione di 450mila euro relativamente ai 750mila che aveva erogato la Regione che, secondo l’accusa, sarebbero stati “nascosti” da Serraiocco al curatore fallimentare.
«Nel 2017», aveva esordito l’accusa nella sua requisitoria, «inizia la presa di possesso della nuova gestione e Serraiocco accentra su di sé tutti i poteri e sarà dominus assoluto della Progetto Sport fino alla dichiarazione di fallimento. Questa concentrazione di potere serviva a Serraiocco perché la società rappresentava una miniera d’oro». Una prospettazione che la difesa di Serraiocco aveva contestato in toto, sostenendo che il loro assistito non aveva mai svolto il ruolo di amministratore di fatto e nulla aveva avuto a che fare con l’operazione di concordato: «Lui», ha ribadito la difesa, «voleva risanare la società: la struttura era obsoleta e la Regione era disinteressata per cui la Progetto Sport si è dovuta far carico di tutto». Ma l’accusa aveva tuonato senza mezzi termini, affermando che gli «imputati non hanno portato nessun documento per confutare le contestazioni. È stata una gestione scellerata e criminale portata avanti da Serraiocco». Rimasta in piedi anche l’accusa relativa alla cessione delle quote della Progetto Sport Nuoto, amministrata da Serraiocco, agli stessi soci per 900 euro: società che era la cassaforte delle Naiadi con un fatturato medio annuo di 1 milione e 600 mila euro. Lo stesso Serraiocco finito ancora nelle maglie di un’altra inchiesta aperta dalla procura (pm il procuratore Giuseppe Bellelli e il sostituto Luca Sciarretta) e sempre in relazione alle Naiadi e in particolare all’appalto ventennale concesso al Club Acquatico. Con questa condanna (i motivi si conosceranno a fine dicembre) i giudici hanno voluto evidenziare anche l'assoluta mancanza di trasparenza fra chi gestiva la società e la curatrice fallimentare tenuta spesso all’oscuro di alcune carte importanti per ricostruire la situazione contabile della società. Responsabilità minori invece per Di Bartolomeo, considerato “uomo di fiducia” di Serraiocco e di Colaneri che non ha mai fornito chiarimenti sulla sua posizione. D’Orazio invece è stato assolto perché non ha avuto nessuna gestione diretta, ma ha solo svolto il ruolo di socio, «un estraneo rispetto alla bancarotta» come ha anche sostenuto la pubblica accusa nella sua requisitoria.