Suicida il rapinatore della banca

10 Luglio 2011

Secondo l'autopsia l'ultimo colpo alla testa non è stato esploso dai carabinieri

PESCARA. Un colpo ravvicinato alla tempia ha ucciso Nino Mancinelli, il rapinatore che venerdì mattina è morto nello scontro a fuoco con i carabinieri all'interno della filiale della Banca Toscana di Francavilla al Mare. Secondo l'autopsia, eseguita ieri dal medico legale Cristian D'Ovidio incaricato dalla pm Rosangela Di Stefano della Procura di Chieti, Mancinelli si sarebbe sparato con la sua Glock 45 alla fine della drammatica sparatoria con i carabinieri della stazione di Francavilla. L'ipotesi del suicidio sarebbe avvalorata dagli accertamenti specialistici e radiografici condotti ieri pomeriggio per quasi sei ore. In tutto, sostengono le forze dell'ordine, sarebbero stati esplosi non più di dieci colpi di cui i militari avrebbero già ricostruito l'esatta provenienza. Ma è ancora sotto segreto istruttorio.

NESSUN COMPLICE Intanto vanno avanti le indagini dei carabinieri per cercare di capire l'esatta dinamica della rapina. Secondo la testimonianza di un poliziotto fuori servizio, subito dopo l'irruzione e gli spari all'interno della filiale di via Nazionale Adriatica nord un'auto simile al modello della Fiat Bravo sarebbe sfrecciata verso sud a tutta birra. Una testimonianza che si incrocia con quella di chi dice di aver visto invece una Bmw, e che lascia comunque scettici gli investigatori. Ricostruendo la lunga serie di rapine collezionate da Mancinelli sin da quando era poco più che maggiorenne, i carabinieri sono portati a ritenere che quasi certamente Caffettino, com'era chiamato nell'ambiente, avrebbe agito da solo. Una circostanza che ha indotto i militari a setacciare tutta la zona della filiale assaltata da Mancinelli venerdì mattina, alla ricerca dell'eventuale automobile, o moto, che l'uomo avrebbe lasciato nei dintorni per assicurarsi poi la fuga.

IL METAL DETECTOR Di fatto il metal-detector non ha funzionato, forse non era nemmeno stato attivato venerdì mattina, quando Nino Mancinelli, 40 anni, è piombato nella filiale della banca Toscana di Francavilla al Mare armato di pistola e bombe carta. Un particolare che manda su tutte le furie Francesco Trivelli, segretario regionale della Fisac-Cgil Abruzzo che il giorno dopo la rapina finita in tragedia chiede più investimenti sulla sicurezza alle banche. Perché dice: «Poteva essere una strage». «È ora che le banche inizino a fare un discorso nuovo», sostiene Trivelli, «insieme ai sindacati e alle forze dell'ordine. Il personale va preparato, soprattutto se lavora in un triangolo come quello tra Montesilvano, Pescara e Francavilla, dove si concentra il 30 per cento delle rapine della regione. Ma la verità è che le banche non vogliono investire. E succede che il metal detector non funzioni». Quel che è certo, secondo i carabinieri della compagnia di Chieti diretti dal capitano Livio Lupieri, è che i militari della stazione di Francavilla, dopo l'irruzione all'interno della filiale hanno avviato una trattativa con il rapinatore. Momenti concitati a cui, secondo la ricostruzione delle forze dell'ordine, Mancinelli ha risposto sparando un colpo da dietro il bancone dove si era barricato con i cassieri. È a quel punto che i carabinieri hanno risposto al fuoco.

UOMO LIBERO Resterà per sempre, invece, il mistero su cosa abbia spinto Mancinelli a tentare l'ennesimo colpo in banca, con tanto di dipendenti legati e fatti inginocchiare, a poco più di un mese dalla sentenza della Corte d'Appello dell'Aquila che lo scorso 27 maggio, per le rapine ai portavalori, gli aveva ridottto la pena di primo grado da 9 anni e dieci mesi a 5 anni e 4 mesi. Dice il suo legale, l'avvocato Gianluigi Tucci: «Gli avevano riconosciuto l'attenuante speciale della collaborazione. Togliendo il presofferto gli sarebbero rimasti da scontare non più di sei mesi, ma avremmo chiesto le misure alternative: in carcere non sarebbe più rientrato. Una circostanza che lo aveva reso felice, tanto da dirmi che era pronto a cambiare vita con la moglie e i figli».

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