EPIDEMIA / L'INTERVISTA

D’Ottavio: mia figlia vivrà un mondo diverso 

Dopo moglie e dirigente, l'ex campionessa abruzzese di ginnastica si prepara a diventare mamma in un periodo che non aveva messo in conto...

CHIETI. Che il 2020 sarebbe stato un anno speciale Fabrizia D’Ottavio l’aveva messo in preventivo. Diventare mamma - dopo moglie, dirigente e atleta di respiro internazionale - è un passo importante, ma rientra nel percorso di vita. Quel che non avrebbe mai immaginato la ginnasta teatina - medaglia d’argento nella ritmica nelle Olimpiadi di Atene 2004 e quarto posto a Pechino 2008 - è che la figlia sarebbe nata in epoca di coronavirus. Fabrizia D’Ottavio è a casa, a Chieti, con il marito Antonio Fiore, in attesa del lieto evento. Un’attesa che scorre tra mille pensieri per quello che è stato e quello che sarà.

Fabrizia, che cosa fa una medaglia d’argento olimpica al tempo del coronavirus?
«Cerco di essere sempre attiva, anche se devo dire che lo stop mi pesa. Io sono abituata a muovermi e la reclusione a scopo protettivo è duro da digerire. Va altresì detto che in tempi di gravidanza stare più a riposo fa bene alla bimba in grembo. C’è più tempo per prepararsi psicologicamente alla nuova vita che mi attende. E poi mi dedico alle faccende di casa, a quelle cose che normalmente cerchi di fare nel fine settimana».
E c’è tempo per riflettere.
«Certo, per tutti. C’è chi dice che questa emergenza sanitaria sia un messaggio affinché l’uomo riveda il suo stile di vita. Dai comportamenti alle ambizioni. E credo che qualcosa cambierà. Per forza di cose. Teniamo ritmi impressionanti senza che ne ce rendiamo conto. Sono diventati una normalità, ma non lo sono. C’è bisogno di un rallentamento che ci faccia apprezzare meglio il sapore delle piccole conquiste. La tecnologia va avanti e nemmeno ce ne accorgiamo. A volte non ce ne rendiamo conto. Ecco se proprio vogliamo trovare il lato positivo di questa nuova dimensione sta proprio nella lucida analisi di ciò che ci circonda».

Un giorno che cosa racconterà a sua figlia?
«Che è nata in un periodo particolare della storia recente. Le dirò che la mamma ha avuto un po’ più paura del normale visti i problemi con cui siamo chiamati a convivere. Le racconterò di un’esperienza anomala, comunque positiva perché ha permesso a me e ad Antonio (il marito, ndr) di vivere insieme dopo anni passati a rincorrerci per motivi di lavoro che ci hanno spesso diviso».

Lei che cosa fa adesso?
«Da un po’ di tempo mi divido tra l’azienda di famiglia e l’attività di istruttrice di ritmica. In più sono consigliere federale della federazione ginnastica, il che mi consente di vivere dall’interno l’evoluzione del movimento».
Che cosa ne sarà di questo mondo?
«Non scopro nulla di nuovo se dico che tutti i settori dovranno avere a che fare con gravi conseguenze. La ripresa sarà dura. Ognuno dovrà rinunciare a qualcosa, ma ci rialzeremo magari con una visione diversa della nostra vita».

Lo sport?
«È un discorso che vale anche per lo sport. Le palestre, ad esempio, sono ferme. Le istruttrici fanno allenamento via Skype. Mi fanno tenerezza le bambine che lavorano da casa cercando di attrezzare le stanze come una palestra».

E poi ci sono le Farfalle.
«Le ragazze della Nazionale sono al centro federale recluse. Senza vedere genitori e amici e con la prospettiva di dover posticipare l’impegno olimpico».

Si è messa nei panni di chi si vede spostato in avanti il traguardo?
«Certo, ed è brutto. Nella ritmica il lasso di tempo di un’atleta è breve. E un anno vuol dire tanto. Penso a chi è al limite e aveva programmato la partecipazione alle Olimpiadi e si vede allungare il traguardo. Cambia la preparazione, ma anche la prestazione che oggi può essere in un modo e tra un anno in un altro».

Lei si muove?
«Passeggio sotto casa, qui a Chieti, perché comunque devo camminare e devo dire che vedo poca gente in giro, con la mascherina, i guanti e la spesa in mano. Credo che c’è abbastanza senso civico nella mia città. E poi vado in ospedale per i controlli. Non c’è nessuno. Pensi che venerdì sono stata al Cup dove di solito ci sono file interminabili. Non c’era nessuno, incredibile! In reparto, poi, vedo personale attento e preparato».

Preoccupata?
«Il giusto».

Va sui social?
«Sì, ma non sono un’ossessione. Si tratta di un’arma a doppio taglio, ne sono ben consapevole. Un grosso potenziale che, però, a volte la gente utilizza male, sprizzando cattiveria. Questo non è bello».
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