i 75 anni di galeone

«Ho avuto le mie gioie, ma meritavo una grande»

Giovanni Galeone il profeta del 4-3-3 e grande protagonista della stagione che portò il suo Pescara in serie A: «Roma e Inter le mie occasioni mancate»

PESCARA. Il primo regalo per i suoi 75 anni glielo ha fatto il Pescara con un giorno d'anticipo. Galeone ha visto la partita di Perugia in tv e si è divertito da matti: «Che spettacolo, ragazzi, ad un certo punto il Perugia mi ha fatto tenerezza, nel finale si è addirittura arreso e con il suo possesso palla ha in pratica costretto l'arbitro a chiudere la partita con 30 secondi di anticipo. Sì, lo ripeto, è stato uno spettacolo, tecnicamente questa squadra non c'entra niente con la categoria, è sicuramente la più forte della B, in A solo l'Empoli gioca a questo livello, sicuramente l'Udinese non ha un solo giocatore superiore sul piano tecnico ai biancazzurri di Oddo. Lì in mezzo al campo menano una giostra che fa paura, tra le incursioni di Zampano e Benali, la sicurezza di Memushaj, Torreira e Verre a centrocampo non sai proprio come prenderli e lì davanti con Caprari e Lapadula sono dolori per tutti».

Come sempre il segreto per Galeone è solo uno: la tecnica. E' quella che in campo fa sempre la differenza?

«Sicuramente, i meriti dell'allenatore sono evidenti e indiscutibili. E' lui ad aver dato identità e i tempi di gioco giusti a questa squadra, ma è chiaro che alla base ci sono le sue scelte che puntano soprattutto sulle qualità dei giocatori. Non è così per tutti, credetemi. Per quel che mi riguarda, invece, è sempre da lì che son partito. Dovessi fare un paragone col Pescara dei miei tempi, lo accosterei a quello della seconda promozione in serie A. Diverso, anche per i tempi, il tipo di gioco, con meno possesso palla, ma la base anche lì era la tecnica. Sotto questo aspetto Allegri, Pagano, Bivi, Massara, Dicara, Gelsi, Nobile e Righetti avevano ben poco da invidiare ai giocatori delle altre squadre che puntavano alla promozione, solo per chi ci conosceva poco fu una sorpresa la nostra vittoria del campionato».

Anche Oddo ha qualcosa di quel Galeone?

«Alla vigilia di Perugia ha detto che se il Pescara avesse vinto al Curi sarebbe andato in serie A. Beh, lo feci anch'io nell'87, era fine gennaio e si giocava a Bologna. Si vinse con un gol di Rebonato e alla fine fu promozione. Ma a parte questo apprezzo il tecnico per le sue scelte che gli hanno permesso di costruire una squadra in grado di giocarsela con tutti senza mai stravolgere le sue caratteristiche. Rispetto all'avvio di campionato, oltretutto, la squadra ha continuato a crescere: prima, di solito, si scatenava solo dieci metri oltre la metà campo, adesso questo atteggiamento lo vedi anche a ridosso della difesa e questo è senz'altro segno di sicurezza e maturità. Sì, apprezzo Oddo anche per le sue esternazioni che possono sembrare spavalde che invece aiutano la squadra a trovare sempre più convinzione e certezze. Ed è fuor di dubbio che non è per caso se questa squadra ha conquistato, e con pieno merito, la sesta vittoria consecutiva. Alla base, lo ripeto, c'è la qualità, l'allenatore è bravo se riesce a tirarla fuori mettendola al servizio del collettivo. Proprio quello che sta capitando al Pescara».

Calcio e talento, per Galeone un binomio indissolubile…

«E' vero, e credo che c'entrino le mie origini. Come calciatore non ho fatto una gran carriera ma vi garantisco che non ero una pippa, anzi… In quella Nazionale juniores che vinse l'Europeo non a caso ero io il capitano, nonostante ci fossero Albertosi e Rosato, Cera e Facchetti, Salvadore e Corso. Ecco, se proprio devo dire la verità, solo Mariolino, con quel suo incredibile sinistro, era più forte del sottoscritto. Ero un centrocampista moderno, talento e piedi buoni, un periodo mi accostarono, e non solo per i capelli lunghi, a Netzer, il tedesco che giocò anche nel Real Madrid. I giocatori di talento, insomma, ho sempre saputo riconoscerli, difficilmente ho preso un abbaglio…».

Come allenatore invece?

«Probabilmente avrei potuto ottenere qualcosa in più, ma le mie quattro promozioni in serie A e una salvezza con il Pescara non sono cose da poco. Soprattutto quel trionfo dell'87 con una squadra di ragazzini che avrebbe dovuto fare la C, è un successo indimenticabile e che ancora oggi mi riempie d'orgoglio. Un’impresa che avrebbe anche potuto aprire un ciclo se solo si avesse avuto la forza di tenersi Rebonato e Bosco che erano stati tra gli artefici della promozione in una squadra giovanissima e di talento, cui si aggiunsero in estate due campioni come Junior e Sliskovic. Capitò più o meno la stessa cosa nel '92 quando si lasciò partire Pagano, Camplone e Gelsi, forte è il rimpianto anche per come finì la mia ultima esperienza sulla panchina del Pescara. Quella squadra che nel 2000 finì a metà classifica dopo aver dato spesso spettacolo, con pochi ritocchi avrebbe probabilmente vinto a mani basse il campionato successivo. La società purtroppo scelse un'altra strada e fu un errore imperdonabile che ancora mi fa arrabbiare…».

Ci sono state altre occasioni perdute?

«Quando vinsi a Pescara ci fu un interessamento, forse non troppo convinto, del Napoli e della Roma; dopo le due promozioni con Udinese e Perugia sembrava dovessi andare all'Inter ma non se ne fece nulla. In quegli anni fui io invece a rinunciare a una possibile esperienza all'estero. Mi contattò Bronzetti proponendomi di andare ad allenare per 6 mesi il Salamanca in serie B con la possibilità di passare la stagione successiva sulla panchina dell'Atletico Madrid. Gli dissi di no, e lo stesso feci quando arrivò una proposta del Panatinaikos, che all'epoca era una delle squadre più forti della Grecia. Forse è un'esperienza che avrei dovuto fare. Magari mi coprivano d'oro come sta capitando ora a Zaccheroni in Cina…».

Parliamo degli allenatori di oggi: Mancini e Sarri?

«Stendiamo un velo pietoso per quello che è successo, non nascondo che mi fa ridere la minaccia di querela per l'allenatore del Napoli da parte della nuova Dc per aver pensato di dare del democristiano al tecnico nerazzurro. Sarri resta comunque uno dei migliori in serie A. Forse è maturo per una panchina importante Di Francesco, ha qualcosa in più di Donadoni che pure è uno molto concreto, metto davanti a tutti e tre Paulo Sousa che ha trovato gli attaccanti giusti per esaltare la cultura di gioco portoghese, ma soprattutto Giampaolo che con l'Empoli sta dando veramente spettacolo. Se devo fare un rimprovero a Marco è quello di non prendersi mai dei meriti che invece gli spettano».

E Max Allegri?

«Lui è fuori categoria, è senz'altro il migliore, ormai è a livello europeo visto quello che sta facendo con la Juve. Per tutta l'estate aveva chiesto un trequartista, non glielo hanno preso e così si è inventato un nuovo ruolo per Dybala che a Palermo, vale la pena ricordarlo, giocava da prima punta. Così il giovane argentino ha fatto decollare i bianconeri che sembravano in crisi e lui, Max, si è rivelato per quello che è, ovvero un genio, con buona pace di tutti quelli che fino a qualche settimana fa ancora lo criticavano… La verità è che nel calcio il coraggio e il talento pagano sempre. E proprio per questo spero che il Pescara e Oddo regalino a me e ai tifosi un'altra impresa. Si può fare, l'importante è crederci».

Ok Gale e buon compleanno.

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