CALCIO

Sansovini, gol e record: "Pescara è parte di me"

L’addio del terzo bomber più prolifico della storia del club: "La A l’unico rimpianto. Di Francesco il migliore allenatore, Verratti il campione, Zeman è un maestro"

PESCARA. Il “sindaco” ha concluso il mandato biancazzurro. Terzo marcatore della storia del Pescara con 54 gol segnati, dietro solo a Federico Giampaolo (65) e Mario Tontodonati (120). Marco Sansovini, 38 anni,  ha lasciato il Delfino dopo aver disputato 169 gare con i biancazzurri in sei stagioni da protagonista e due ai margini, giocando in prestito a Teramo e Fermo. Gol a grappoli ma anche due promozioni, dalla C alla B e dalla B alla A.

C’è stata la rescissione del contratto per l’attaccante romano entrato nel cuore dei tifosi del Pescara, che, non a caso lo hanno ribattezzato “il sindaco”. La sua nuova avventura si chiama Modena, in serie D, perché Sansogol ha deciso di giocare fino a 40 anni.

Sansovini, non capita spesso di entrare nella storia di un club.
«Non mi sarei mai aspettato di fare delle stagioni così importanti con la maglia biancazzurra. La prima volta che mi prospettarono il Pescara quasi facevo fatica a credere di poter vestire quella maglia».
Come è iniziata l’avventura?
«Nel luglio 2007, ero appena rientrato dalle vacanze e il Grosseto voleva darmi in prestito. Avevo l’accordo con il Giulianova, che era in Seconda divisione. Dovevo andare lì, in prestito dal Grosseto, ma, poi, il mio agente mi prospetta la pista Pescara. Non ci penso due volte e accetto la proposta dell’allora ds Enzo Nucifora».
Una scelta azzeccata?
«All’inizio avevo qualche timore. In quel momento la società regnava nel caos e c’era una squadra con molti giovani. Però, tutto ciò a me non interessava perché avevo voglia di giocare in una squadra importante come il Delfino. Il giorno in cui sono arrivato? Ricordo che quando vidi il cartello “Benvenuti a Pescara”, qualche esitazione ci fu. Mi chiesi: ma sarò all’altezza? Tanti dubbi perché venivo da esperienze in club minori, ma alla fine la scommessa è stata stravinta».
Nel 2007-2008, in Prima divisione, sedici gol in una stagione iniziata male e finita dopo aver sfiorato i play off.
«Quell’anno è stato un crocevia importantissimo per la mia carriera. In biancazzurro, a 27 anni, sono definitivamente esploso e la mia vita è cambiata. L’anno successivo sono tornato a Grosseto, in B, ho fatto tanti gol e poi il Pescara mi ha comprato (per 700mila euro, ndr) nella stagione seguente. Il coronamento di un sogno, visto che poi sono rimasto per tre anni, centrando due promozioni».
Lei è entrato subito nel cuore dei tifosi, che, non a caso, la chiamano il “sindaco”.
«Devo tanto a Pescara e al Pescara. Sono stato sei stagioni in biancazzurro, ho dato tanto, certo, ma non come l’affetto che ho ricevuto dai tifosi. Sarò sempre in debito con questa città e con la società. Sono andato via, ma con il presidente Sebastiani ci siamo lasciati una porta aperta per il futuro. Magari, quando smetterò di giocare, tornerò per fare altro. Sarebbe bellissimo, visto che sono cittadino pescarese e ho comprato casa a due passi dal “Ponte del Mare”. Mi sento pescarese, sono stato adottato da questa città».
Che cosa vorrebbe fare quando appenderà le scarpette al chiodo?
«Fin quando starò bene fisicamente giocherò. Sono integro e per certe categorie non ho nulla da invidiare ai ragazzi di 25 anni. In futuro vorrei fare il direttore sportivo, ma c’è tempo per fare le giuste valutazioni. Adesso penso solo al campo».
Il momento più bello in biancazzurro?
«La promozione in serie A e il fiume di gente che si è riversato per le strade per festeggiare la vittoria del campionato. Ricordo bene le 100mila persone che erano lungo le strade a fare festa. Un ricordo indelebile. Non dimentico però, anche Pescara-Sambenedettese nel 2007, vincemmo 4-1, e l’Adriatico era una bomba di tifo e colori. In quell’occasione capii davvero i tifosi pescaresi. Tifoseria calda e appassionata».
Ha un rimpianto?
«Non aver giocato in serie A. Dopo la promozione con Zeman andai allo Spezia, perché avevo capito che non avrei fatto parte del progetto di Stroppa. Sbagliai ad andare via, perché in quella squadra potevo ancora starci e forse avrei segnato anche qualche gol nella massima serie».
Terzo marcatore della storia del Pescara con 54 reti. Il gol più bello?
«Sono tre: quello al Catania nel febbraio 2015, contro il Varese, all’andata, nell’anno di Zeman e il gol del pareggio (1-1) al Frosinone nell’aprile 2011».


L’allenatore che le ha dato di più?
«Eusebio Di Francesco. È un allenatore che ti entra nella testa: completo e con grande personalità. Tuttavia non dimentico Zeman, maestro di calcio che mi ha cambiato ruolo allungandomi la carriera».
Il giocatore più forte con cui ha giocato?
«Troppo facile, Marco Verratti. Era un fenomeno già a 15 anni. È uno dei più forti nel suo ruolo».
A Pescara sono nate anche tante amicizie, vero?
«Sì, come quella con Andrea Gessa (ora team manager biancazzurro, ndr) ed Emmanuel Cascione (ex centrocampista) che ho conosciuto a Pescara e siamo diventati grandi amici, ma non solo loro. Ne ho davvero tanti».
In tanti anni di Pescara che cosa ha capito di questa città e dei suoi abitanti?
«I pescaresi si godono la vita fino in fondo. Sono speciali, amano la loro città in maniera viscerale e la difendono con onore. Pescara per i pescaresi è l’ombelico del mondo e fanno bene a tenere alla propria terra. Una città coinvolgente, che ti entra dentro».
Che cosa le mancherà?
«Le passeggiate in bicicletta sul lungomare e il calore e la genuinità delle persone. Spero che il mio sia solo un arrivederci, non un addio».
Che campionato disputerà il Pescara di Pillon?
«Ha un centrocampo di grande qualità. Può entrare tra le prime sette del campionato, ma deve avere una mentalità umile e pensare inizialmente alla salvezza, tutto quello che arriverà sarà di guadagnato. Solo con questo atteggiamento può arrivare lontano».
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