Cancellato l’integrativo E’ sciopero all’Hatria

Ieri prima giornata di protesta nello stabilimento di sanitari a Sant’Atto ma adesso riprendono le trattative: l’azienda delega un avvocato di Milano

TERAMO. Hatria, acque di nuovo agitate. Ieri si è svolta una giornata di sciopero nell’azienda di sanitari di Sant’Atto a causa della disdetta dell’integrativo.

Già da qualche tempo i rapporti fra azienda e sindacato era tesi. Sin da quando Thomas Kermongant, il manager della sede di Parigi del Cobe Capital, il fondo di investimenti americano che a gennaio ha acquistato l’azienda si è presentato a un incontro con i sindacati e ha esibito un foglio di carta su cui era scritta ogni voce del contratto di secondo livello con un tratto di penna che la cancellava. L’unica voce superstite - raccontano i sindacati - i 1.200 euro annui legati alla redditività, ma abbinati a parametri triplicati rispetto al passato, quindi nei fatti irraggiungibili. «Ci siamo lasciati a brutto muso, ed è stato proclamato un pacchetto di 16 ore di sciopero», spiega Bernardo Testa della Filctem Cgil, «8 oggi (ieri per chi legge, ndr) e 8 venerdì. Sabato scorso però è arrivata una lettera dell’avvocato Petrucci di Milano che ci informava che adesso è lui il nostro interlocutore per l'Hatria. Ha fissato un incontro per il 15 chiedendoci di sospendere qualsiasi iniziativa». Ieri mattina lo sciopero è stato fatto, con assemblea annessa. «Visto che era stato indetto dall’assemblea non poteva che sospenderlo l'assemblea», continua Testa, «che dunque ha deciso di non fare quello di venerdì. Tenteremo però di anticipare l'incontro. Noi diamo segnali di buona volontà rispetto a una ripresa positiva della trattativa, anche se ci preoccupano i segnali che arrivano dalla parte aziendale, circa un'organizzazione del lavoro che in questi giorni trasmette qualche perplessità».

«Noi abbiamo necessità di aprire un confronto organico con la nuova azienda per discutere, insieme alla disdetta totale dell'integrativo, anche del progetto industriale e delle prospettive che del sito di Teramo», afferma Serafino Masci della Femca Cisl, «sinceramente dopo la ripresa produttiva successiva a 7 mesi di fermo siamo in difficoltà dal punto di vista organizzativo e commerciale. E' prioritario il rilancio del sito, ma può avvenire solo con una riorganizzazione di questi due aspetti e giusti investimenti e non può passare solo tramite l'azzeramento del contratto aziendale: è un segnale che rende l'intero progetto poco credibile agli occhi dei lavoratori. Ci sembra una scorciatoia che non porta da nessuna parte. I problemi sono di altra natura e complessi e tutto ciò non ci traquillizza. (a.f.)

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