False identità sui social per truffe: indagato un teramano di 30 anni 

L’uomo è accusato di aver creato degli account rubando fotografie e generalità di due vittime Denunciato per sostituzione di persona, ma sono in corso ulteriori accertamenti su alcuni raggiri

TERAMO. I social hanno “rivitalizzato” il reato di sostituzione di persona che, introdotto nel codice penale per punire condotte molto lontane dal mondo digitale, oggi è uno di quelli più diffusi nella galassia dell’online. A cominciare dal fenomeno dei falsi profili creati soprattutto per mettere a segno truffe.
È l’accusa contestata a un 30enne teramano che, secondo la Procura, negli ultimi tempi avrebbe creato due finti profili, utilizzando foto e generalità di altre persone, molto probabilmente con l’intento di mettere a segno raggiri online. L’uomo, per ora, è indagato per sostituzione di persona ma non è escluso che a questo reato si possa aggiungere anche quello di truffa. Aspetto, quest’ultimo, per cui sono in corso ulteriori indagini. Gli accertamenti sono scattati quando sono arrivate due segnalazioni di altrettanti derubati di identità: viaggiando in rete si sono accorti che qualcuno si spacciava per loro con profili su cui c’erano proprio le loro foto. Così sono scattate le segnalazioni e primi accertamenti con le indagini che hanno portato al trentenne teramano. Un fenomeno, quello del “catfishing” che consiste proprio nel creare account con foto e informazioni false sul proprio conto, che è sempre più diffuso. Va detto che la sola dichiarazione mendace di informazioni negli account dei social è sufficiente per rispondere del reato di sostituzione di persona. Perché vi sia la qualificazione del reato non è necessario falsificare la propria identità ma è sufficiente dichiarare informazioni false. La pena può arrivare fino a un anno di carcere e il reato è perseguibile d’ufficio. Di recente ha fatto discutere, su questo argomento, una sentenza della Corte di Cassazione che ha considerato di lieve entità il fatto di creare un falso profilo social, attribuendosi quindi l’identità di un’altra persona, se il caso resta isolato. Ovvero se la persona accusata di questo reato dimostra di averlo fatto solo una volta.
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