La censura del rap è censura della realtà

17 Dicembre 2025

Se si scavasse un attimo più in profondità e si uscisse dal pregiudizio che fa puntare il dito, si potrebbe scoprire che ciò che cantano questi ragazzi non è altro che il mondo in cui vivono i figli di questa generazione

TERAMO. Puntuale come la dichiarazione dei redditi, ecco la polemica sul rap, Sfera Ebbasta e i testi “misogini”. L’arrivo del rapper meneghino a Teramo ha indispettito l’opposizione che, tramite il consigliere Franco Fracassa, leggendo – come in chiesa – i testi delle canzoni, esprime il suo disappunto: «Una vergogna: 140mila euro per chi inneggia alla violenza di genere».

All’ex assessore possiamo confermare: è vero, i temi trattati nei testi, a un ascolto superficiale, possono sembrare terribili. Droga, sesso, alcol, il tutto corredato da un linguaggio crudo e da video pieni di macchine, gioielli e ragazze seminude. Ma se si scavasse un attimo più in profondità e si uscisse dal pregiudizio che fa puntare il dito, si potrebbe scoprire che ciò che cantano questi ragazzi non è altro che il mondo in cui vivono i figli di questa generazione. Un mondo che li vede in cerca di risposte in famiglie spesso distrutte e troppo occupate a ripugnare il rap. Un tema ricorrente nei testi è l’amore viscerale dell’artista per la madre, unica luce in una vita dura che sembra priva di senso e che trova nella fama e nei soldi la scappatoia:

«Tutto cambia, nulla resta uguale, tranne l’amore di tua madre» (Sfera, Bottiglie Privè). Accanto a questo si trova l’odio e la disperazione per la mancanza di un padre che, spesso e volentieri, ha abbandonato la famiglia o è scomparso. «Quando poi è morto il pa’ ho detto: “Sono un uomo”, anche se non mi sono riuscito a tenere un lavoro». (Sfera, Ricchi per sempre).

Dopo aver visto il dolore di una madre che resta sola, come può un figlio promettere a una donna che le starà accanto tutta la vita? Hanno provato sulla propria pelle il disastro di una famiglia in pezzi per una promessa d’amore rotta, e l’unica risposta che si danno i cantanti – e tanti ragazzi – è che forse vivere tutto superficialmente è la risposta migliore che si possa dare.

In questa desolazione che tanti di noi hanno provato, la via sembra essere quella dell’autoaffermazione, quella del successo che si sostanzia nei soldi, nelle macchine e nei vestiti. La soluzione non è mai censurare l’artista: lui sta solo cantando il suo tempo. Cosa dovremmo dire di Cocaine di Eric Clapton, Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles o i Pink Floyd? Dovremmo cancellare concerti e tributi dalla prossima estate abruzzese perché parlano di droga?

Consigliere Fracassa, invece di scandalizzarsi, per una volta potrebbe ascoltare con i figli una canzone e capire insieme a loro quali emozioni suscitano queste sonorità. Magari il rap continuerà a non piacerle – non è per tutti, me ne rendo conto – ma almeno ci sarà stato il tentativo di guardare, di entrare in questo “mondo nuovo” che cerca un incontro con quello degli adulti, con cui è da sempre in conflitto.

©RIPRODUZIONE RISERVATA