Montorio al Vomano

La storia di Maria Gabriella: sfollata dopo il terremoto accoglie, ospita e fa studiare due giovani del Congo

15 Dicembre 2025

Adrien si è laureato in Medicina, Irenge è vicino alla laurea in Biotecnologie. La donna: «Il bene lo fanno loro a me, mi hanno ridato la gioia di vivere. Vedere che si realizzano mi dà una soddisfazione enorme»

MONTORIO AL VOMANO. Ha dato un senso alla propria vita in un momento di solitudine e smarrimento da sfollata del terremoto, accogliendo due giovani cugini congolesi per far avverare il loro sogno di studiare all’università. È la storia di Maria Gabriella De Dominicis che sette anni fa, dopo aver perso, per i danni del sisma, la propria casa di Montorio ed essersi ritrovata sfollata a Roseto, ha trasformato la tristezza e l’incertezza di un momento buio nella forza di "adottare" i cugini Adrien Akonkwa di 27 anni e Irenge Patient di 30 anni di Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo. È diventata una “zia del cuore” per i due ragazzi, che avevano il sogno di laurearsi in Italia e che sono diventati «la parte più bella della mia vita», sottolinea la donna.

LO SMARRIMENTO POST-SISMA

Un abbraccio tra i tre parla più di tante parole nella casa di Montorio appena ricostruita dove sono rientrati da poco dopo varie sistemazioni provvisorie. Raccolti nel grande salotto tra le fotografie dei momenti felici, raccontano un legame affettivo fortissimo che li unisce in un ponte tra l’Italia e l’Africa che assume i colori della solidarietà, del bene e dell’accoglienza. Adrien si è laureato in Medicina a Chieti e si sta specializzando in Medicina Interna mentre Irenge è vicino alla laurea in Biotecnologie a Teramo e lavora in un’azienda oltre a essere un volontario della Protezione civile. «Un momento no come quello del terremoto, dove ogni certezza e ogni punto fermo erano andati in frantumi», racconta Maria Gabriella che nella vita è nubile ed è un’impiegata, «mi ha fatta fermare dal tran tran quotidiano e riflettere sulle sfumature e sul senso della vita». È nata, così, una grande famiglia, che ha donato a Maria Gabriella il calore di due “nipoti speciali”, come li definisce, e ad Adrien e Irenge la prospettiva di un futuro che hanno sempre sognato e che da soli non avrebbero potuto realizzare. «Nel 2016 ci siamo ritrovati, io e mio fratello Vincenzo che era malato e purtroppo ci ha lasciati da poco, sfollati, senza la nostra casa, lontani dal nostro paese e dai nostri cari», continua la donna, «una condizione di solitudine, smarrimento e vuoto che mi ha fatto scattare la molla di poter fare qualcosa di utile per qualcuno che avesse un sogno e non riuscisse a realizzarlo non avendone le possibilità».

L’AIUTO DI PADRE PASCAL

Ad aiutarla è stato il parroco di origini congolesi padre Pascal della chiesa rosetana di Santa Maria Assunta. «Ero talmente decisa a portare avanti la mia idea, non confidata a nessuno per paura che potessero dissuadermi, che padre Pascal mi ha indirizzato sui due ragazzi appartenenti alla sua precedente parrocchia a Bukavu», confida, «ho deciso, così, di accoglierli insieme: in due il distacco e l’abituarsi a una nuova cultura sarebbe stato meno impattante. E ci sono riuscita perché entrambi maggiorenni, ma l’iter burocratico, dal visto all’ambasciata alla convalida del diploma in Italia, è durato nove mesi: un tempo lunghissimo di attesa, interrogativi, paura che saltasse tutto». Maria Gabriella è stata in Africa dai genitori dei ragazzi che sono insegnanti cattolici e che, accogliendola con gratitudine e riconoscenza, le hanno affidato i propri figli con il desiderio di vederli laureati. Adrien e Irenge parlavano già l’italiano che hanno imparato insieme con le lezioni di padre Pascal tramite whatsapp. Il loro arrivo all’aeroporto di Roma è stato una grande emozione che Maria Gabriella ricorda in ogni dettaglio: «I ragazzi non avevano mai viaggiato in aereo, erano spaesati e quasi impauriti, io li ho abbracciati fortissimo e quasi non credevo che stessero tra le mie braccia. Per loro il nostro mondo è tutto una scoperta, come quando hanno visto la neve per la prima volta, e sono attenti e curiosi di imparare, tanto da parlare e capire il dialetto montoriese. Il nostro è un viaggio di continua esplorazione tra le loro e le nostre abitudini e tradizioni, sempre con rispetto e in uno scambio reciproco che ci arricchisce. Abbiamo condiviso un piccolo appartamento in quattro da sfollati felici e il periodo della pandemia “rinchiusi” è stato bello perché ci ha consentito di conoscerci nel profondo». Un rapporto di affetto e stima che è nato passo dopo passo e che ogni giorno si rafforza. “Non voglio sostituirmi ai genitori», chiarisce, «io sono una zia che vuole donare loro la strada per essere felici. E Adrien e Irenge, che sono dei ragazzi eccezionali, mi rendono ogni giorno felice, mi danno forza, mi sono riconoscenti coprendomi di attenzioni e con loro non mi sento mai sola!».

L’AMBIENTAMENTO

I ragazzi si sono ambientati in Abruzzo e coinvolgono Maria Gabriella negli studi e nelle loro passioni, raccontando la loro vita italiana alla famiglia lontana. Il richiamo della terra natìa è forte e ne parlano con gli occhi pieni di nostalgia, ma si sentono fortunati di aver avuto questa opportunità. «Non ho fatto nulla di straordinario perché accogliere, un valore che la mia famiglia mi ha trasmesso sin da bambina, dovrebbe essere la normalità», dice ancora Maria Gabriella, «in questi sette anni non ho mai avuto un momento di scoraggiamento o pentimento e vederli che si stanno realizzando è per me una soddisfazione enorme, un sogno che si avvera per tutti e tre: sto vivendo un’esperienza autentica, un grande insegnamento che mi ha fatto capire che anche dai momenti negativi può nascere qualcosa di bello e che Gesù dona una forza incredibile». Gli occhi si fanno lucidi per l'emozione e l’abbraccio dei ragazzi si fa ancora più forte. «Io», conclude la “zia”, «pensavo di fare del bene a loro e alla fine il bene lo hanno fatto loro a me portandomi l’allegria, l’entusiasmo per il futuro, la freschezza della giovinezza, la bellezza della diversità, l’incoraggiarsi a vicenda, la gioia dei loro traguardi. Adrien e Irenge mi hanno riempito la casa di un’aria nuova e la vita d'amore. E non si deve mai avere paura di aprire il cuore, anche a chi viene da lontano».

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